Covid, ecco perché i bambini si ammalano di meno: le ipotesi

Perché i bambini si ammalano meno di Covid-19? Tante le ipotesi allo studio dei ricercatori, ma ancora poche certezze. Ecco cosa dicono gli esperti

perché bambini si ammalano meno di covid

Perché i bambini si ammalano meno di Covid-19? E perché hanno più probabilità degli adulti di sviluppare una malattia più lieve o del tutto asintomatica? Le ipotesi sono ancora tante. Forse la più accreditata, come ricostruisce La Repubblica, è quella secondo cui il recettore al quale si lega il virus per entrare nelle nostre cellule (ACE2) sarebbe meno espresso nei bambini rispetto agli adulti.

Un’altra tesi afferma invece che i bambini potrebbero essere più protetti grazie agli anticorpi che sviluppano per proteggersi dai comuni raffreddori stagionali. I virus che li generano, proprio come il Covid-19, appartengono infatti sempre alla famiglia dei Coronavirus.

Secondo una terza, recente ipotesi, esposta in un articolo pubblicato su Nature e citato da Repubblica, i bambini sarebbero capaci di reagire al virus più efficacemente e rapidamente eliminandolo prima che abbia il tempo di replicarsi e di diffondersi. In poche parole il loro sistema immunitario sarebbe più forte di quello degli adulti.

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Test molecolare negativo nei bambini

Stando a quanto si legge su Nature, il fatto che la risposta al virus dei bambini sia diversa si evince dal fatto che i più piccoli – sebbene sviluppino sintomi e anticorpi – non risultino mai positivi al tampone molecolare RT-PCR. A novembre, sempre su Nature , si erano parlato del caso di tre fratelli di meno di 10 anni tutti contagiati, ma mai risultati positivi al test. Tutto ciò nonostante siano stati testati 11 volte nell’arco di quattro settimane e fossero a stretto contatto con i genitori, entrambi positivi al virus.

Il sistema immunitario dei bimbi “monta una risposta molto rapida ed efficace che lo elimina (il virus, ndr) prima che abbia la possibilità di replicarsi al punto da dare un risultato positivo al test”. Questa è la conclusione dell’immunologa Melanie Neeland del Murdoch Children’s Research Institute di Melbourne (Australia), che ha studiato il caso. Anche nei bambini che sviluppano una reazione rara ma grave come la tempesta di citochine, la percentuale di positivi al test RT-PCR va dal 29 al 50%, scrive Nature.

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Spike, nucleoapside e T Naive

Uno studio dell’immunologa della Columbia University di New York Donna Farber, condotto su 32 adulti e 47 minorenni, evidenzia invece che i bambini producono solo anticorpi contro la proteina spike, responsabile dell’ingresso del Sars-Cov-2 nelle cellule umane. Gli adulti sviluppano invece anche anticorpi contro la proteina del nucleoapside, che solitamente viene rilasciata in quantità significative solo quando un virus si è diffuso profondamente nell’organismo.

Da ciò, deduce Farber, l’infezione nei bambini non sarebbe così diffusa perché eliminata tempestivamente dall’organismo. La risposta immunitaria più veloce, secondo alcuni ricercatori, sarebbe determinata dalla massiccia presenza di linfociti T Naive nei minori che – essendo meno allenati di quelli degli adulti a rispondere ai vari agenti patogeni – potrebbero essere più rapidi nell’azione contro il virus.

Parla l’infettivologa

Teorie tante, certezze ancora poche, insomma. “E’ così. Oggi parliamo infatti di ipotesi e probabilmente la risposta alla domanda non è una sola”, dichiara a Repubblica Luisa Galli, responsabile del reparto di Infettivologia dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze. Secondo Galli l’ipotesi più accreditata è quella della minore espressione di ACE2 o della scarsa affinità recettoriale.

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“L’ipotesi secondo la quale i bambini possano neutralizzare i nuovi virus più efficacemente è un’idea affascinante – continua l’esperta -. D’altronde è noto che i bambini più sono piccoli e più hanno un’immunità innata rispetto all’immunità adattativa, che viene messa in campo via via che nella vita si incontrano nuovi agenti infettivi. Però torna poco con il fatto che la bassa vulnerabilità dei bambini al nuovo virus si verifica per tutta l’infanzia e anche nell’adolescenza, cioè quando gli esseri umani hanno fatto esperienza di infezioni e hanno acquisito un’immunità esperta”.

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“Altri virus più buoni con i bambini”

E aggiunge: “Inoltre anche i bambini immunodepressi hanno dimostrato, contrariamente a quanto ci si attendeva, di non avere gravi conseguenze a seguito dell’infezione da Sars-Cov-2. Infine, l’ipotesi della protezione dovuta ad altri coronavirus della stessa famiglia di questo virus è contraddetta dalle osservazioni cliniche. Noi vediamo che anche i neonati reagiscono bene al Sars-Cov-2. E non hanno nessun tipo di protezione anticorpale prodotta da loro stessi, ma solo gli anticorpi ereditati dalla madre”.

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“In ogni caso va detto che questo con cui stiamo facendo i conti non è l’unico virus ad essere indulgente con i bambini. Ce ne sono diversi più buoni con loro. Per esempio il virus di Epstein-Barr, causa della mononucleosi. Nei bambini piccoli decorre sostanzialmente senza sintomi o quasi, contrariamente alla fastidiosa sindrome mononucleosica nell’adolescente o nell’adulto”. Conclude Galli su Repubblica: “Spiegare la relazione particolare tra Covid e bambini sarà una matassa difficile da sbrogliare”.

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