foto via The Australian
A riportare la notizia sono i media americani, che parlano di una campagna di disinformazione sul coronavirus perpetrata dalla Cina attraverso messaggi e social network.
Si complica ulteriormente la posizione della Cina in questo clima di pandemia che ha diffuso morte e crisi in tutto il mondo. Già poco stabili i rapporti con gli Stati Uniti, dopo lo stato del Missouri che vuole far causa dalla potenza orientale, ora arriva una nuova inchiesta del New York Times.
Secondo quanto riporta il media statunitense, diversi funzionari americani sarebbero stati allarmati sulla situazione d’emergenza con falsi SMS e post pubblicati sui social media dalla stessa intelligence cinese. Intelligence che avrebbe aiutato a diffondere messaggi che affermavano che il presidente Trump – falsamente – era in procinto di bloccare il Paese. Un modus operandi, questo, che è stato contestato anche per essere in linea con le tattiche russe.
Secondo quanto riportato dal New York Times, alcuni agenti dell’intelligence cinese avrebbero alimentato, a partire dallo scorso mese di marzo, una vera e propria campagna di disinformazione attraverso i social network e via SMS. Tale campagna sarebbe servita a diffondere il panico negli Stati Uniti in merito alla situazione d’emergenza da coronavirus.
Il tutto assumendo dunque strategie e caratteri che, come riportano gli agenti americani (appartenenti a sei diversi agenzie statunitensi) intervistati dal giornale, sarebbero simili alle tattiche già sfoderate dalla Russia. In particolare, un simile intervento da parte dei servizi segreti cinesi ricalca quanto sarebbe stato già effettuato per influenzare le elezioni presidenziali russe del 2016.
“L’amministrazione del presidente Donald Trump chiuderà l’intero paese e lo annuncerà non appena saranno pronte le truppe necessarie a fronteggiare rivolte e atti di sciacallaggio”. Questo è quanto veniva riportato in uno dei messaggi diffusi verso la metà marzo attraverso i social e via SMS sui telefoni di milioni di americani presenti in Cina. Un fenomeno, spiegano gli intervistati, che ha dunque spinto le agenzie statunintensi ad esaminare tutti i nuovi metodi con cui Cina, Russia e altre nazioni, stanno usando una serie di piattaforme per diffondere notizie fake e disinformazione durante la pandemia.
Messaggi non attendibili e notizie false, dunque, già bollati come “fake” dal Consiglio per la sicurezza nazionale della Casa Bianca non appena erano diventati virali sul web. Messaggi e notizie di cui, al momento, rimane sconosciuta l’origine. In tal senso, infatti, gli stessi agenti americani intervistati hanno preferito non divulgare dettagli in merito ai servizi segreti cinesi, dal momento che – hanno dichiarato – devono tenere nascosti i metodi con cui vengono tuttora monitorate le attività di Pechino.
Non si sa, dunque, il motivo per il quale la Cina abbia cercato di diffondere notizie di disinformazione tra gli americani presenti nel territorio. Ciò che però avanzerebbero due 007 statunitensi è che di fatto il colosso orientale non abbia creato di sana pianta i messaggi circolati negli ultimi tempi, quanto piuttosto abbia sfruttato la sua intelligence per amplificare la diffusione di quelli già esistenti. Messaggi diffusisi viralmente come avviene con il coronavirus, soltanto attraverso Facebook e lo smartphone.
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