Condizioni difficilissime a bordo della nave, un uomo si è anche gettato in mare per la disperazione. L’appello delle autorità ecclesiastiche.
Preoccupazione per i 572 migranti da giorni a bordo della nave Ocean Viking, molti di loro provengono dalla Libia. Le scorte di cibo sono quasi esaurite e le autorità europee non hanno ancora assegnato un porto sicuro dove potere attraccare per le cure e i rifornimenti. L’organizzazione Sos Mediterranée segnala la situazione con un tweet: “Ancora nessun porto assegnato per lo sbarco delle 572 persone. La situazione peggiora. Il nostro team medico segnala sempre più casi di disagio psicologico. L’assenza di informazioni non è più sopportabile per i naufraghi. Con il caldo, sul ponte la tensione sale“
“Abbiamo tantissimi bambini e tante donne a bordo – racconta una soccorritrice -. Tutti i naufraghi hanno subito torture e violenze in Libia. Sono allo stremo delle loro energie sia psicologiche che fisiche. Nei giorni scorsi le condizioni metereologiche sono state pessime e ora il caldo è veramente intenso”.
La tensione ha raggiungo il momento massimo quando un uomo, stremato dal caldo e al limite psicologico di sopportazione, si è gettato in mare, come testimoniato da Sos Mediterranee. L’uomo è stato raccolto e soccorso dall’equipaggio. “E stato salvato una settimana fa da una barca in pericolo – spiega l’ong -. Aveva detto: ‘Se sapessi dove e quando sbarcherò potrei resistere. Ma non riesco a resistere all’incertezza‘”.
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Intanto l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, ha voluto lanciare un appello dopo il susseguirsi di continui sbarchi nel Mediterraneo e in particolare a Lampedusa. “Si strumentalizzano anche le vite umane, senza andare, invece, al cuore della questione. Tutte le Istituzioni, a partire dal nostro Paese, hanno il dovere di correre alla salvaguardia di queste persone. Dopo si può ragionare di tutto, ma abbiamo l’obbligo di non consegnare a questo cimitero che è diventato il Mare Nostrum ancora altre vittime” ha detto Lorefice.
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E continua: “Dobbiamo porci una drammatica domanda: stiamo rimanendo umani? E al tempo stesso dobbiamo riflettere sul senso del nostro abitare la casa comune. Se non riusciamo a riconoscere nel volto di questi nostri fratelli, alcuni addirittura bambini, il volto della persona umana che prima di tutto ha il diritto alla vita e a essere accolta significa che ci stiamo caricando di una gravissima responsabilità“.
“Sulla salvaguardia della vita umana non si ragione, si agisce – aggiunge monsignor Lorefice, da sempre in prima linea sul fronte dell’accoglienza –. E’ chiaro che è un problema che va affrontato con serietà, per quanto riguarda l’Italia, dal nostro Governo e poi anche dall’Europa, che rischia realmente il collasso di se stessa se non riesce a prendere in mano questa questione seria che da anni attraversa il nostro mare Mediterraneo“.
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