Grande risultato, quello ottenuto da un gruppo di ricercatori americani: realizzata la prima cartilagine sintetica a partire dai cristalli liquidi. Il materiale imita quello naturale dell’uomo.
Nuovo importante passo in avanti nel mondo della ingegneria biomedica: ottenuta la prima cartilagine sintetica realizzata tramite un materiale che può essere riprodotto grazie alla stampa 3D. La cartilagine, che imita quella naturale, è composta da cristalli liquidi – gli stessi che vengono usati nei display dei telefoni cellulari. Il risultato di questo importante progetto è stato pubblicato sulla rivista settimanale Advanced Materials da un gruppo di ricercatori dell’università del Colorado, a Denver.
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Come spiegato nell’introduzione inserita nell’articolo di ricerca, un nuovo materiale stampabile in 3D che “imita” i tessuti biologici umani è stato sviluppato da un team dell’Università del Colorado di Denver. I ricercatori, guidati dal professore di ingegneria meccanica Christopher M. Yakacki, hanno quindi sviluppato un tessuto biologico composto da una struttura reticolare porosa tramite elastomeri a cristalli liquidi, impossibili da ottenere attraverso i metodi di produzione tradizionali.
Come spiegato dal loro ricco studio, che è stato pubblicato sull’ultimo numero di Advanced Materials, i tessuti biologici si sono evoluti nel corso dei millenni per rimanere sempre e perfettamente ottimizzati alle loro funzioni specifiche. La stessa cartilagine, ad esempio, è un tessuto elastico abbastanza morbido da attutire le articolazioni, ma abbastanza forte da resistere alla compressione e al peso del nostro corpo: la chiave per correre, saltare e compiere semplici movimenti quotidiani risiede proprio in questa sua particolare struttura.
Anche per questo, però, creare sostituti sintetici che corrispondano veramente alle proprietà e ai comportamenti dei tessuti biologici non è facile. Il gruppo di ricercatori, però, è stato il primo ad avere successo nella stampa 3D di una struttura reticolare complessa e porosa usando degli elastomeri a cristalli liquidi (LCE), dei dispositivi che possono finalmente imitare la cartilagine e altri tessuti biologici.
Per ora i ricercatori si sono limitati a stampare diverse strutture, tra cui un minuscolo fiore di loto e il prototipo di una gabbia per la fusione spinale, ma tra le possibili applicazioni di questa ricerca si contano la schiuma ammortizzante da inserire nei caschi agli impianti biomedici per le dita, fino anche alla realizzazione – ancora purtroppo lontana e molto ambiziosa – di dischi per la colonna vertebrale.
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“La colonna vertebrale è piena di sfide ed è un problema difficile da risolvere“, spiega non a caso il professore Christopher M. Yakacki. “Le persone hanno provato a realizzare dischi di tessuto spinale sintetico e non hanno ancora ottenuto un buon risultato. Con la stampa 3D e l’alta risoluzione che ne abbiamo ricavato, però, è possibile riprodurre esattamente l’anatomia di una persona. Un giorno potremmo essere in grado di far crescere delle cellule in grado di riparare la colonna vertebrale, ma al momento possiamo solo fare un passo in avanti con la prossima generazione di materiali”, ha poi concluso il leader del team di ricerca.
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