Finiti in cella i boss di Scampia Antonio Abbinante e il nipote Raffaele: il video diffuso sul web mostra i due intenti a scavare la fossa.
Arrestati prima dell’omicidio. Così sono finiti in manette i boss di Scampia Antonio Abbinante e il nipote Raffaele. Avevano progettato tutto: volevano uccidere l’amante della moglie di un detenuto. Avevano anche già scavato la fossa in cui sotterrarne il cadavere tra Marano e Arzano. Ma non hanno fatto in tempo, la squadra mobile ha intercettato i loro movimenti ed è riuscita a riprenderli mentre aprivano la grande buca nel terreno.
Alla vittima era già stato dato l’appuntamento che avrebbe segnato la sua fine. Per convincerlo a recarsi sul posto e trarlo in inganno, i criminali gli avevano proposto un “incontro chiarificatore” nelle campagne tra Marano e Arzano. Lo avevano illuso che sarebbe stato solo un confronto, ma in realtà una volta giunto nel luogo prescelto l’uomo – accusato di aver intrecciato una relazione con la moglie di un detenuto affiliato al clan camorristico Abbinante di Scampia – sarebbe stato punito. O meglio, ucciso a sangue freddo.
A sventare il delitto prima che accadesse il peggio la squadra mobile diretta da Alfredo Fabbrocini sotto il coordinamento del pool anticamorra della Procura di Napoli. Grazie alle indagini condotte dalle forze dell’ordine, i boss non sono riusciti a mettere in pratica il loro piano. E sono finiti tutti in cella.
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Su richiesta dei pm Giuliano Caputo, Maurizio De Marco e Lucio Giugliano, titolari del fascicolo con il procuratore Giovanni Melillo, sono state fermate cinque persone: il boss Antonio Abbinante, che era agli arresti domiciliari, il nipote Raffaele Abbinante, Antonio Esposito, Paolo Ciprio e Salvatore Morriale.
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I primi quattro arrestati dovranno rispondere alle accuse di tentato omicidio e associazione camorristica. Invece Morriale dovrà rispondere “solo” all’accusa di tentato omicidio. Il decreto della Procura non è stato convalidato dal giudice per le indagini preliminari che ha però emesso ordinanza cautelare, escludendo per Morriale l’accusa di partecipazione al clan e cioè di associazione camorristica.
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