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Cronaca

Zaki libero: “Grazie a chi mi ha sostenuto. Non vedo l’ora di tornare e riabbracciare tutti”

Patrick Zaki torna libero dopo 670 giorni di prigionia: “Grazie a chi mi ha sostenuto. Non vedo l’ora di tornare e riabbracciare tutti”. Il racconto della sua esperienza, il ringraziamento all’Italia e la speranza di tornare.

Patrick Zaki torna finalmente libero – meteoweek.com

“Sono ancora un po’ confuso, tutto sta andando velocemente. Ma ora sono felice, sono qui con la mia famiglia, con tutte le persone che amo. Tutto qui”. Con queste parole ha esordito il giovane ricercatore egiziano dell’Alma Mater di Bologna, Patrick Zaki. All’indomani della sua scarcerazione, il 30enne ha raccontato la sua esperienza a Il Corriere della Sera. “Non mi hanno annunciato che sarei stato rilasciato. All’improvviso mi hanno portato al commissariato, e hanno iniziato a prendermi le impronte. Non capivo cosa stesse succedendo, non c’erano segnali che mi stessero per scarcerare. Ero confuso. Non posso dire tutti i dettagli e preferisco non parlare delle condizioni di detenzione. Ma poi ho capito che c’era una speranza. È la speranza, sai, la cosa più difficile da tenere in vita quando ti tolgono la libertà”.

Zaki: “Non vedo l’ora di tornare in Italia, di riabbracciare tutti”

Si trova ora nella sua casa di infanzia a Mansura, il 30enne ricercatore egiziano. Dopo aver scontato 670 giorni di carcere, Zaki è finalmente stato liberato, sebbene non sia ancora stato assolto dalle accuse nei suoi confronti. A febbraio si terrà la prossima – quarta – udienza. Nel frattempo, raggiunto dal Corriere della Sera, queste le parole che il giovane ha rilasciato in merito alla sua drammatica e difficile esperienza.

Io devo solo dire grazie all’Italia per essere stata vicina a me e alla mia famiglia. Grazie a tutti quelli che hanno tenuto accesa la luce. E l’elenco è lunghissimo. Gli amici in ogni parte del mondo, che si sono dati da fare per me. Ma anche la vostra delegazione diplomatica che è venuta alle udienze. Poi l’università di Bologna. Tutti i compagni di master, ma in particolare la professoressa Rita Monticelli. È la mia mentore al master Gemma a Bologna. Una persona che mi ha trattato come un figlio. E non mi ha trasmesso solo conoscenza ma anche valori. L’empatia, il rispetto. E l’ascolto. E poi mia sorella Marise. Ma sicuramente così faccio arrabbiare qualcuno, mi fermo qui”, ha raccontato Patrick Zaki.

E ha proseguito: “Vedere in aula i vostri rappresentanti diplomatici durante le udienze mi ha dato forza. Non dimenticherò mai tutte le volte in cui durante le visite mi venivano raccontate le manifestazioni, delle piazze. E di tutte le iniziative organizzate per chiedere il mio rilascio in questi quasi due anni. Mi ha riempito di orgoglio sapere che una persona del livello della senatrice Liliana Segre e della sua statura morale si sia interessata a me. Voglio conoscerla. Assolutamente. Spero che questo avvenga quanto prima”.

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Ma Zaki non vede l’ora di tornare nel nostro Paese, soprattutto a Bologna. “Spero che avvenga presto che io possa tornare in Italia. Non so se ci sia un’interdizione per viaggiare all’estero. Per ora – ha sottolineato il 30enne – so che posso tornare al Cairo. Spero di poter riprendere davvero presto il master a Bologna. Non vedo l’ora di poter riabbracciare i miei compagni, i miei professori. E c’è un posto dove vorrei andare prima o poi, in Italia. A Napoli. Non ci sono mai stato. La mia bisnonna Adel veniva da Napoli. Non parlo così bene l’italiano, ma l’accento di quella parte del Paese mi ha sempre affascinato. Amo molto gli autori napoletani”.

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Zaki, però, parla anche delle sue letture in carcere, di come la scrittura gli abbia permesso di elaborare e sopportare la sua condizione in carcere. E non si dimentica nemmeno del premio che ha ricevuto il 20 novembre alla memoria di Maria Grazia Cutuli, l’inviata uccisa in Afghanistan nel 2001. “Significa tanto per me. Non lo merito – ha confessato il giovane – ci sono eroi là fuori che combattono, in Egitto, più di me, molto più di me. Ma è un premio per cui ringrazio di cuore, Maria Grazia è molto molto importante per me, e questo riconoscimento rappresenta un grande sostegno che ho ricevuto dal Corriere, come istituzione”. Infine, un augurio: “Presto spero di scrivere i miei diari, quello che ho passato, sul Corriere. Aspettatemi”.

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