Una azienda per la produzione di apparati elettrici è stata acquistata dai dipendenti, salvandola dal fallimento. Ora l’impresa funziona e si propone per il mercato internazionale.
L’hanno salvata dal fallimento, acquistata e rilanciata sul mercato. I dipendenti della Nextelettronica, azienda specializzata nella produzione di schede e apparati elettronici, hanno rilevato l’impresa utilizzando il denaro dei loro Tfr e sussidi di disoccupazione e costituito un capitale sociale che gli permettesse salvare il loro lavoro. Si tratta del primo caso del genere in Calabria, più precisamente a Piano Lago dove ha sede la Nextelettronica, ma in realtà in Italia è già avvenuto diverse volte. La formula si working buy out.
Il fondo è stato di 320mila euro a cui si è aggiunto il supporto di Coop Fond della Legacoop (per 120mila euro) e il Cfi, fondo di investimenti che fa capo al Mise (per 500mila euro). Insieme a questi anche l’apporto della Fiom Cgil, come spiega Massimo Covello, segretario generale dei metalmeccanici Cgil della Calabria: “Abbiamo recuperato uno stabilimento modello, che non ha problemi di mercato. La crisi è stata determinata unicamente da contrasti fra i vecchi soci e non certo dall’assenza di committenti“.
La crisi, la pandemia e poi la guerra in Ucraina avevano messo in difficoltà il mercato nonostante il buon rendimento e messo a rischio 30 lavoratori assunti a tempo indeterminato e i 70 lavoratori con contratti a tempo determinato. Inoltre la vendita non era andata a buon fine, con imprenditori che non davano garanzie e il lavoro che iniziava a scarseggiare. “Eravamo passati da tre turni al giorno, sabato e domenica compresi, per fronteggiare le richieste, al fermo totale” afferma il presidente Pietro Aiuola.
“Molte aziende vorrebbero rientrare in Italia, ma bisogna fronteggiare la mancanza della materia prima oltre che i rincari dovuti alla crisi in Ucraina. È stato difficile superare questi ostacoli a cui si è aggiunta la burocrazia. Fra Inps e Agenzie delle Entrate ci sono stati sottratti 70.000 euro che avremmo dovuto versare come capitale e che sono stati conteggiati come Irpef” dice il Aiuola.
All’idea dell’acquisizione da parte dei dipendenti si è aggiunta la possibilità di inserire nuovo personale in arrivo dalle università. “C’è una fame di ingegneri che fa paura. Il nostro vantaggio è che disponiamo di tre linee produttive. Grazie alla nostra flessibilità possiamo rispondere alla richiesta di grandi quantitativi o di piccole quantità di materiale elettronico di cui Cina e Taiwan hanno il monopolio“.
La sfida è quindi rivolta al mercato asiatico. “Vogliamo che i colleghi rimasti a casa possano rientrare al lavoro, impiegando un centinaio di persone come in passato” conclude Aiuola.
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