Affari correnti: cosa vuol dire e quali poteri ha Draghi dopo le dimissioni

Il governo dimissionario resta comunque in carica per il disbrigo degli affari correnti. Che cosa c’è dietro questa espressione secondo la Costituzione.

L’esecutivo rimarrà in carica per svolgere l’ordinaria amministrazione, ma privo della sua capacità programmatica.

Le dimissioni del governo guidato da Mario Draghi alla Camera – Meteoweek

«Il Governo rimane in carica per il disbrigo degli affari correnti»: una breve e semplice frase sentita innumerevoli volte. Ma che definisce il perimetro delle azioni che un governo può intraprendere dopo le proprie dimissioni e fino alla nascita del successivo esecutivo. Una frase risuonata anche ieri mattina dopo le dimissioni irrevocabili rassegnate dal presidente del Consiglio Mario Draghi dopo il voto di fiducia in Senato che ha affossato il governo.

La nota del Colle dopo l’incontro Draghi-Mattarella recita infatti: «Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto al Palazzo del Quirinale il Presidente del Consiglio dei Ministri, Prof. Mario Draghi, il quale, dopo aver riferito in merito alla discussione e al voto di ieri presso il Senato, ha reiterato le dimissioni sue e del Governo da lui presieduto. Il Presidente della Repubblica ne ha preso atto. Il Governo rimane in carica per il disbrigo degli affari correnti».

Il governo non avrà più la pienezza dei poteri

Dopo aver presentato le dimissioni da capo del Governo al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il primo ministro Mario Draghi resta comunque in carica. Per continuare a sbrigare gli “affari correnti”, si dice. Ma quali poteri avrà a disposizioni Draghi?

Lo spiega il costituzionalista Alfonso Celotto. La prassi prevede una sorta di autolimitazione del governo che non gode più della pienezza dei suoi poteri. Il premier Draghi, che conserverebbe la carica fino al giorno del giuramento del nuovo esecutivo, compirebbe un atto esplicito di autolimitazione.

Nello specifico, il “disbrigo degli affari correnti” prevede che il governo si limiti a garantire una continuità amministrativa e adottando, qualora fosse necessario, degli atti urgenti.

In particolare viene meno la capacità programmatica dell’esecutivo. Dune niente disegni di legge (esclusa la Finanziaria), né approvano decreti legislativi (come quelli, ad esempio, della riforma fiscale e della riforma della giustizia), con l’eccezione di quelli imposti da scadenze imminenti (come il Pnrr).

Non si fa nulla anche nel campo delle nomine. Il governo si limita a portare a termine le attività già in corso e, se occorre, si fa fronte agli imprevisti. È possibile così emanare decreti legge in caso di emergenza.

Emiliano Fumaneri

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