Moby Prince, le conclusioni della commissione d’inchiesta: “A provocare il disastro è stata una terza nave”

Moby Prince, le conclusioni della commissione d’inchiesta in merito alla tragedia del 1991: “La risposta è una sola, a provocare il disastro è stata una terza nave”. Ma nella relazione si addita anche alla “poca trasparenza” di Eni.

Giunge oggi l’esito dei lavori parlamentari, in merito a quello che è stato il disastro della Moby Prince avvenuto a Livorno nel 1991. Alla luce degli approfondimenti effettuati sulla collisione che ha provocato la morte di 140 persone, pare che “la petroliera era in una zona vietata all’ancoraggio”.  “La Moby Prince è andata a collidere con la petroliera Agip Abruzzo per colpa della presenza di una terza nave comparsa improvvisamente davanti al traghetto che provocò una virata a sinistra che ha poi determinato l’incidente. Purtroppo questa nave non è ancora stata identificata con certezza”, viene spiegato nella relazione della commissione di inchiesta.

Moby Prince, le conclusioni della commissione d’inchiesta: “A provocare il disastro è stata una terza nave” – meteoweek.com

Andrea Romano (Pd), presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sul disastro Moby Prince, ha infatti presentato nella mattinata di oggi la relazione conclusiva approvata all’unanimità. Al tempo stesso, il presidente Romano ha comunque sottolineato la “poca trasparenza da parte dell’Eni“.

Tragedia provocata da un terzo natante, ma poca “opacità” di Eni

Si ricorda che la collisione tra il traghetto e la petroliera Agip Abruzzo avvenne nella rada del porto di Livorno in data 10 aprile 1991. A morire a causa dell’incidente, che provocò lo scoppio di un grave incendio, furono 140 persone.  Secondo quanto ricostruito, alle ore 22:03 sulla rotta del Moby Prince c’era un’altra nave, un presunto peschereccio d’altura somalo trasformato in nave da trasporto. Il traghetto, che era partito da Livorno per raggiungere Olbia, se lo ritrovò inaspettatamente, e fu per questo costretto a una manovra d’emergenza per scongiurare l’impatto.

A seguito di tale manovra, però, Moby Prince si schiantò contro la petroliera Agip Abruzzo, ancorata in posizione irregolare (si trovava infatti in una zona di divieto di ancoraggio). Senza luci che potessero segnalare chiaramente la sua presenza, la petroliera era inoltre avvolta da una nuvola di vapore acqueo, provocata da un’avaria al timone. L’incendio che ne derivò uccise tutti i passeggeri a bordo del traghetto, tranne un unico superstite.

La seconda commissione d’inchiesta ha dunque concluso che a provocare una simile tragedia fu la manovra di una terza nave. “A dimostrarlo scientificamente sono stati gli ingegneri del Cetena di Genova, la principale società di ingegneria navale italiana specializzata nelle simulazioni”, viene spiegato nella relazione. Sull’identità del terzo natante coinvolto, però, non vi sono invece dati certi. “Non abbiamo potuto dare risposte certe sull’identificazione della terza nave perché non ne abbiamo avuto il tempo a causa della fine anticipata della legislatura”, ha spiegato il presidente della commissione. Nella relazione, tuttavia, vengono suggerite due piste: “Una riguarda la nave 21 Oktobaar II, che è un ex peschereccio somalo, e l’altra la presenza nel tratto di mare interessato dalla presenza di una o più bettoline impegnate in possibili operazioni di bunkeraggio clandestino“.

Il presidente, però, si è espresso anche in merito “all’opacità” di Eni. Soprattutto per quanto riguarda “la determinazione della effettiva provenienza della petroliera, del carico realmente trasportato e delle attività svolte durante la sosta nella rada di Livorno; comportamento, dunque, certamente opaco che questa Commissione ritiene di biasimare”. Pare inoltre che la compagnia italiana non abbia nemmeno fornito “il fascicolo dell’indagine interna dell’incidente che certamente darebbe altre elementi decisivi”.

Valeria Girardi

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