Gli uomini della DIA hanno bloccato numerosi conti correnti ponendo i sigilli a sei aziende, settanta tra terreni e immobili e sequestrando ventotto mezzi.
A distanza di meno di ventiquattrore dalla clamorosa operazione che ieri ha portato le forze dell’ordine a infliggere un durissimo colpo a Salvatore Nicitra, ex boss della Banda della Magliana, ecco una seconda clamorosa maxi operazione di polizia indetta dalla direzione distrettuale antimafia.
Su provvedimento del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, questa mattina gli uomini della Dia di Napoli sono intervenuti con una serie di operazione che hanno portato alla confisca di beni per oltre 100 milioni di euro. Capannoni, case, auto e moto… tutto intestato o in qualche modo riconducibile ad Alfonso Letizia, imprenditore di 75 anni che operava nella produzione e nella vendita di calcestruzzo e profilati per costruzioni.
Letizia, secondo le indagini degli inquirenti, sarebbe legato a doppio filo con il clan dei Casalesi: le forze dell’ordine hanno messo i sigilli a sei aziende nel settore edile e immobiliare, oltre settanta tra immobili, terreni e fabbricati in provincia di Caserta e Modena, ventotto tra auto e moto (molte delle quali di lusso) e diversi rapporti finanziari che riportano a conti correnti italiani su diverse piazze.
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Letizia era già stato arrestato dalla DIA nel 2011: il suo nome era venuto fuori nella ricostruzione dei rapporti tra i Casalesi e i politici di Casal di Principe che intervenivano personalmente per favorire gli appalti e i permessi a imprenditori amici o conniventi.
Secondo gli inquirenti Alfonso Letizia era il punto di riferimento della famiglia Schiavone: era l’imprenditore infatti a metteva a disposizione gli impianti per la produzione del calcestruzzo ma in cambio le sue società si prestavano a fare parte del cartello di aziende che potevano lavorare in provincia di Caserta su molti appalti, anche di carattere pubblico. La confisca che è scattata oggi si riferisce a decreti di sequestro successivi a quelle prime indagini, eseguiti prima nel 2014 e in un secondo momento nel 2018, tutti confermati sia dalla Corte d’Appello di Napoli che dalla Cassazione.
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