Il Copasir ha interpellato il premier Conte in merito alla sicurezza delle videoconferenze che vengono organizzate con la task force, istituita a seguito dell’emergenza coronavirus.
Data la gravosa situazione d’emergenza coronavirus, gli incontri che avvengono ai vertici del governo e della sicurezza nazionale sono diventati digitali. Non più grandi tavoli e sale riunioni, ma webcam e computer. Dato però anche quanto è stato inizialmente contestato persino ad Immuni – la app che presto verrà lanciata dal Governo – pare che a Raffaele Volpi stia particolarmente a cuore anche l’integrità delle piattaforme con le quali tali videoconferenze avvengono.
Infatti, secondo quanto è stato riportato dai giornalisti dell’ANSA, in data odierna il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) avrebbe chiesto al premier Giuseppe Conte alcune spiegazioni e informazioni proprio in merito alla “tipologia” e alla “sicurezza delle piattaforme utilizzate” per comunicare, attraverso teleconferenza, dalla task force istituita dal Governo sull’emergenza da Covid-19. Questo, ovviamente, facendo riferimento al tema della cybersecurity, tenendo conto dei rischi che si corrono a condividere dati di alcun tipo in rete.
Oltre ad aver mosso, nei confronti del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, la richiesta di specificare che tipo di piattaforme vengono usate per effettuare le videoconferenze con la task force sul coronavirus, Raffaele Volpi (presidente del Copsir) ha inoltre ulteriormente avanzato la richiesta di informazioni in merito alla riservatezza degli stessi membri.
Ciò che il Comitato parlamentare vorrebbe sapere, in effetti, è se ai componenti della task force sia stato richiesto di sottoscrivere specifici “impegni di riservatezza“, dato che molti di loro pare abbiano “rapporti organici di varia natura con soggetti terzi anche in Paesi stranieri“.
Questione, quella che riguarda i “Paesi stranieri” che aveva già fatto storcere la bocca al Copasir in merito a Immuni. Non molti giorni fa, infatti, sarebbero spuntati finanziatori svizzeri e cinesi dietro la società che gestisce la app, che verrà presto lanciata per controllare il diffondersi dei contagi da Covid-19 in Italia.
E sia il Comitato parlamentare, che le opposizioni, che anche una parte del Partito Democratico avevano chiesto informazioni e delucidazioni atte a risolvere il dubbio che i dati personali di milioni di italiani possano finire in mano estera.
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