E’ da ormai qualche anno che piccole e grandi catene odontoiatriche attive in Italia si dedicano a spostamenti poco trasparenti: spesso dichiarano fallimento e spariscono con i proventi. Tra queste, anche la catena spagnola Dentix, mai più riaperta dopo il lockdown.
Da qualche anno starebbe prendendo piede una nuova tendenza tra le catene odontoiatriche piccole o grandi attive in Italia. La dinamica è sempre la stessa: dichiarano fallimento e portano via i proventi. Questa volta è stato il turno di Dentix, la catena spagnola che conta 57 centri in 12 regioni e 400 dipendenti. A questa tendenza, in questo caso si sarebbe unito un altro fattore: il coronavirus. Il lockdown, infatti, avrebbe determinato la chiusura definitiva di Dentix, che avrebbe abbandonato in un batter d’occhio dipendenti e clienti. Molti di loro avevano anche pagato, senza ricevere prestazioni. La filiale sarebbe dunque scappata con un bottino di 20 milioni di euro. Carlo Ghirlanda, presidente dell’Associazione nazionale dentisti italiani, spiega: “Un danno enorme ma non certo una sorpresa, abbiamo già assistito in passato a fenomeni di questo tipo anche se in forma ridotta. In realtà esiste già una legge che prevede l’ingresso del capitale all’interno degli studi professionali fino al massimo del 33% delle quote azionarie. Invece queste regole vengono spesso aggirate e così ci ritroviamo con direttori sanitari del centro dentistico che risiedono in altre regioni e fanno, in pratica da prestanome: nessuno viene sottoposto alle regole deontologiche previste dalla categoria, non esiste la possibilità di perseguire i responsabili o di bloccare gli abusi. I dipendenti di queste catene sono spesso giovani pagati poco e male tramite parcelle a partita iva. Un professionista titolare di un studio dentistico risponde penalmente delle sue azioni e viene sottoposto al controllo deontologico del suo Ordine professionale. Non è più possibile derogare dalle regole, i risultati sono evidenti: di danno ai professionisti e agli utenti”.