Caso Dentix: chiude dopo lockdown ma in molti avevano già pagato

E’ da ormai qualche anno che piccole e grandi catene odontoiatriche attive in Italia si dedicano a spostamenti poco trasparenti: spesso dichiarano fallimento e spariscono con i proventi. Tra queste, anche la catena spagnola Dentix, mai più riaperta dopo il lockdown.

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(Foto di Peter Macdiarmid, da Getty Images)

Da qualche anno starebbe prendendo piede una nuova tendenza tra le catene odontoiatriche piccole o grandi attive in Italia. La dinamica è sempre la stessa: dichiarano fallimento e portano via i proventi. Questa volta è stato il turno di Dentix, la catena spagnola che conta 57 centri in 12 regioni e 400 dipendenti. A questa tendenza, in questo caso si sarebbe unito un altro fattore: il coronavirus. Il lockdown, infatti, avrebbe determinato la chiusura definitiva di Dentix, che avrebbe abbandonato in un batter d’occhio dipendenti e clienti. Molti di loro avevano anche pagato, senza ricevere prestazioni. La filiale sarebbe dunque scappata con un bottino di 20 milioni di euro. Carlo Ghirlanda, presidente dell’Associazione nazionale dentisti italiani, spiega: “Un danno enorme ma non certo una sorpresa, abbiamo già assistito in passato a fenomeni di questo tipo anche se in forma ridotta. In realtà esiste già una legge che prevede l’ingresso del capitale all’interno degli studi professionali fino al massimo del 33% delle quote azionarie. Invece queste regole vengono spesso aggirate e così ci ritroviamo con direttori sanitari del centro dentistico che risiedono in altre regioni e fanno, in pratica da prestanome: nessuno viene sottoposto alle regole deontologiche previste dalla categoria, non esiste la possibilità di perseguire i responsabili o di bloccare gli abusi. I dipendenti di queste catene sono spesso giovani pagati poco e male tramite parcelle a partita iva. Un professionista titolare di un studio dentistico risponde penalmente delle sue azioni e viene sottoposto al controllo deontologico del suo Ordine professionale. Non è più possibile derogare dalle regole, i risultati sono evidenti: di danno ai professionisti e agli utenti”.

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Intanto, in attesa di provvedimenti più definitivi in grado di gestire il fenomeno, Altroconsumo consiglia come fare ai clienti che hanno già pagato ma che sono rimasti senza prestazione. In una nota spiega: “Per chi ha pagato un anticipo delle cure in contanti, purtroppo non c’è molto da fare, occorre aspettare l’eventuale (se ci sarà) procedura fallimentare per insinuarsi al passivo. Per chi sta pagando a rate c’è la possibilità di risolvere il contratto di finanziamento dopo aver messo in mora la catena odontoiatrica. Dentix aveva accordi con Cofidis, Deutsche Easy e Fiditalia. Nel caso di prestiti finalizzati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di finanziamento, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono gravi motivi di inadempienza. Nel caso di una cura dentistica non terminata o non iniziata si può affermare senza dubbio che l’inadempienza sia grave“. Nel caso in cui le cure siano state lasciate a metà lavoro: “La risoluzione del contratto di finanziamento comporta l’obbligo per la finanziaria di rimborsare al consumatore le rate già pagate e ogni altra spesa relativa alla parte di lavori non terminati. Ovviamente dopo la risoluzione il consumatore non deve più pagare le rate successive. Questa regola vale anche nel caso in cui ci sia un soggetto a cui sono stati ceduti i crediti”.

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