La morte di Stefano, a 12 anni caduto nel pozzo: la botola chiusa ha ceduto

Si chiamava Stefano Borghes il bambino di 12 anni precipitato ieri mattina in un pozzo artesiano di trenta metri a Gorizia, all’interno del Parco Coronini Cronberg. La botola metallica ha ceduto al suo peso e l’impatto è stato letale.  

Una tragedia che si è consumata in un parco naturale nella città di Gorizia. La decisione da parte dei genitori di mandarlo ad un Centro estivo per farlo giocare con gli altri bambini, la corsa di Stefano per ritrovarsi con gli amici e la caccia al tesoro in atto: nessun indizio che potesse far pensare alla terribile tragedia che si è consumata ieri in mattinata. Stefano è caduto in un pozzo chiuso da una botola che non è riuscita a reggere il suo peso. Un volo che si è rivelato fatale visto che il pozzo era a secco di acqua. Stefano stava partecipando insieme a un gruppo di coetanei ad un incontro per ragazzi organizzato dai Salesiani, che a causa del covid avevano optato quest’anno per attività da svolgere all’aperto. Nel parco goriziano, ieri mattina, c’erano due gruppi di sette ragazzini, tutti intenti a giocare a orienteering, una caccia al tesoro che si sarebbe dovuta concludere in tarda mattinata.

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Stando a quanto ricostruito dai carabinieri, secondo le indagini, il gruppo di Stefano si trovava nei pressi del pozzo intorno alle ore 10.00. La struttura: una costruzione artificiale in muratura circolare alta circa 70 centimetri e dal diametro di 120. La tragedia si sarebbe consumata in un istante. Il 12enne sarebbe infatti salito sopra al pozzo probabilmente alla ricerca di qualche indizio che lo portasse a recuperare gli oggetti della caccia al tesoro. La costruzione era coperta da un cerchio di metallo ancorato al pozzo grazie ad alcune staffe. La copertura, sempre secondo i soccorritori, era posizionata all’interno, a circa 70 centimetri dall’apertura del pozzo. Per Stefano è stata davvero una trappola. Una volta salito sopra, la botola ha ceduto e il fortissimo impatto è costato la vita al ragazzo. Inutili i soccorsi che si sono precipitati sul posto.

Ora spetterà agli inquirenti stabilire se ci siano eventuali responsabilità nella disgrazia, in particolare se la copertura metallica del pozzo era stata messa a norma. Secondo fonti istituzionali la copertura sarebbe stata come un “tappo” più volte verificato e controllato; secondo i soccorritori, invece, si sarebbe trattato, a prima vista, di un coperchio instabile e precario.

Agnese Peccianti

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