“Quando ci prendiamo il caffé?”, dopo un silenzio durato per tutto il lockdown è tornata a presentare le sue richieste via WhatsApp Annunziata Cafiero, moglie di Nicola Esposito, reggente del clan Cesarano.
Con quel messaggio, risalente a maggio scorso, dopo un silenzio iniziato a gennaio, la Cafiero si è rifatta sentire per pretendere la “sua” quota di interessi per quel prestito da 550mila euro risalente al 2011: le finanze sono state bloccate con la pandemia ma così anche quelle della sua vittima, una imprenditrice di Castellammare di Stabia (Napoli) che a causa di interessi usurai, pari al 120%, ha pagato alla camorra 60mila euro all’anno, solo di interessi, per ben nove anni. L’indagine della Guardia di Finanza di Torre Annunziata e della Compagnia di Castellammare di Stabia, coordinata dalla DDA di Napoli (pm Giuseppe Cimmarotta, procuratore aggiunto Rosa Volpe) ha evidenziato gli efetti del lockdown non solo per gli imprenditori e per il commercio locale, ma anche per le organizzazioni a delinquere, incattivite per la mancanza di denaro. Hanno iniziato infatti, ad essere sempre più pressanti e violente con le loro vittime. Dopo tre mesi di lockdown l’usuraio non ce l’ha fatta più, doveva recuperare denaro, e dalle pressioni e dalle minacce è passato alle percosse, mandando l’imprenditrice all’ospedale con un trauma cranico. Il gesto gli è costato caro: la vittima, consapevole di non poter più pagare quella tangente ha deciso di rivolgersi agli investigatori facendo emergere un crimine che andava avanti da nove anni. Sottolineando di pagare una cifra al clan da ben nove anni.
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Dal 2011 pagava 5.500 euro al mese a causa di un prestito da 550mila euro ricevuto dal clan. Non è stata più in grado di reggere la pressione e ha scelto di denunciare: subiva pressioni, minacce e botte da nove anni l’imprenditore di Castellammare di Stabia che, alla fine, ha trovato il coraggio di raccontare tutto alla Guardia di finanza di Napoli.
I finanzieri hanno arrestato due dei tre aguzzini:Nicola Esposito, detto “o’mostr” recluso al 41 bis reggente del clan Cesarano, già arrestato nel 2014 e sua moglie Annunziata Cafiero, anche lei finita in carcere. Ai due e ad un loro familiare attualmente latitante vengono contestati i reati di usura, estorsione e lesioni personali aggravati dal metodo mafioso. Per estinguere il prestito pretendevano i 550mila euro in un’unica soluzione: l’imprenditrice veniva così minacciata da tempo. I clan pretendeva che l’attività cessasse del tutto.
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