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Cronaca

Bimba gioca con macchinine del fratello: così i figli finiscono in comunità

La denuncia dell’avvocato di due coniugi veronesi:«Il tribunale ha citato nella sentenza di allontanamento il fatto che i piccoli utilizzassero giochi “non adatti al genere”»

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Una coppia di coniugi veronesi si è vista portar via i propri figli, un maschio e una femmina, per «non aver utilizzato con i due piccoli giochi “adatti per età e per ruolo di genere”, lasciando il maschietto libero di giocare con le bambole, se lo desidera, e la femminuccia con le macchinine».

Lo spiega lo studio Miraglia, come riporta Il Corriere della Sera, che denuncia quanto sia «totalmente inaccettabile che nel 2021 possa accadere una cosa simile e per di più da parte di istituzioni pubbliche, che dovrebbero essere super partes e quanto più obiettive possibili». La coppia sta ora combattendo «per far rientrare i propri figli a casa dopo che se li sono visti allontanare nuovamente, questa volta con l’assurdo pretesto dei giocattoli “inadatti per età e per ruolo di genere”». Secondo lo studio legale modenese che li assiste, «i giochi venivano usati tutti insieme, genitori e figli, nel corso degli incontri protetti cui sono costretti da anni».

L’avvocato Miraglia prosegue affermando che «molto meglio, per i Servizi sociali e per gli operatori della comunità che accoglie i ragazzi, è apparso invece il comportamento dei genitori affidatari, attenti a differenziare i giochi in base al genere. Lasciar giocare i figli indistintamente, così come i bambini volevano fare, è stato addebitato ai genitori naturali come fatto inadeguato e pregiudizievole in vista di un possibile rientro dei bambini nella famiglia di origine. Siamo all’assurdo. Siamo di fronte a una situazione aberrante, riportata all’interno della relazione presentata dai Servizi sociali al Tribunale per i minorenni di Venezia, addebitandola come una mancanza dei genitori: fa davvero accapponare la pelle. I Servizi sociali e la Casa famiglia hanno modalità educative che vanno nella direzione opposta alla libertà di ognuno, in barba ai decreti e alle proposte di legge».

«Una mentalità», prosegue lo studio legale, «che instilla nei minori comportamenti e idee esclusive, non certamente inclusive, e soprattutto lesive della libertà di ognuno. A questo si aggiunga il fatto che  i Servizi sociali, contrariamente ad ogni principio di buon senso e di legge, anziché favorire il rientro a casa dei due bambini, lo stanno ostacolando in ogni modo, riducendo gli incontri con mamma e papà, in maniera che sia più facile per loro staccarsi dalle figure genitoriali e affezionarsi ai genitori affidatari. Ancora una volta, e con maggior determinazione, chiedo un intervento della politica, in primis al deputato veneto Alessandro Zan, affinché si verifichi con appropriata ispezione il comportamento e le modalità operative dei Servizi sociali di Verona».

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I genitori dei due bimbi hanno inoltrato una richiesta urgente al Tribunale per i minorenni di Venezia, per «l’immediata revoca dell’attuale collocamento dei due bambini e il loro rientro presso l’abitazione familiare; oltre che la sostituzione degli attuali operatori incaricati del Servizio sociale».

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Nella richiesta, l’avvocato cita un brano del rapporto dei Servizi Sociali in cui ai genitori naturali è addebitata la «mancata differenziazione della bimba dal fratello nel gioco e la tendenza dei genitori di omologarla nelle attività del figlio maggiore, motivo per il quale l’indicazione data ai genitori è stata quella di non fare utilizzare alla bambina giochi prettamente maschili. Nella relazione si dice che dai caregiver della comunità i bambini sono educati alle differenziazioni di genere, mentre i genitori naturali facevano giocare i bimbi indistintamente, così come i piccoli volevano fare. Questo viene addebitato ai genitori come fatto inadeguato, ossia che facessero giocare insieme i figli senza preoccuparsi se il gioco fosse da femmina o da maschio», chiosa l’avvocato.

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