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Politica

Conte si, Conte no: ma il vero problema sono i ristori, il lavoro e la scuola

Il dibattito politico al momento è tutto incentrato sulla crisi di governo: il rischio è che vengano dimenticati i veri problemi del Paese.

Conte si, Conte no: ma il vero problema sono i ristori, il lavoro e la scuola – Credit: Pixabay

Il dibattito politico degli ultimi giorni è Conte-centrico”. Da quando si è aperta formalmente la crisi di governo sembra che il Parlamento non abbia altri pensieri se non scegliere tra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il leader di Italia viva, Matteo Renzi. La frattura all’interno della maggioranza giallorossa ha catturato tutta l’attenzione, facendo passare in secondo piano i problemi che – a causa del Covid – attanagliano il nostro Paese. E vanno superati il prima possibile per avviare la ripresa dell’Italia. Dalla scuola al lavoro, passando per ristori e riapertura delle attività.

La situazione della scuola

Dopo giorni di discussioni sulla ripresa scolastica dopo le feste di Natale, alla fine i liceali sono tornati a scuola in presenza lunedì 18 gennaio 2021 solo in quattro regioni: Emilia Romagna, Lazio, Piemonte e Molise. La capienza delle classi, tuttavia, dovrà oscillare tra il 50 e il 75 per cento delle presenze, come previsto dal Dpcm del 14 gennaio. Per quanto riguarda le altre Regioni, ognuno ha deciso per sé: nella provincia autonoma di Trento si va già in classe dal 7 gennaio, dall’11 in Valle d’Aosta, Abruzzo e Toscana. Il Friuli Venezia Giulia ha prolungato la didattica a distanza (DaD) fino al 31 gennaio. Liguria e Umbria riapriranno gli istituti il 25 gennaio, mentre in Campania e in Puglia non sono esclusi ulteriori rinvii. Gli ultimi a rientrare, il primo febbraio, saranno gli studenti di Calabria, Veneto, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Marche e Basilicata. Maglia nera per Lombardia, Sicilia e Provincia autonoma di Bolzano, nuove zone rosse, dove proseguirà la dad per le superiori al 100 per cento.

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La ripresa dell’Italia

“Il 7 gennaio il Paese ripartirà, incrociando una grande campagna di vaccini”, aveva detto all’inizio di dicembre 2020 Francesco Boccia, ministro per gli Affari Regionali. Eppure non è stato così. Anzi, con l’arrivo del nuovo anno non sembra essere cambiato nulla. Lo dimostra il nuovo Dpcm firmato dal premier Conte, in cui sono state confermate limitazioni e chiusure dei mesi precedenti fino al prossimo 5 marzo. Un altro mese e mezzo di perdite per i lavoratori.

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Fino ad allora l’Italia resterà divisa in zone di rischio, a seconda dei dati sulla diffusione del coronavirus. Maggiori saranno i contagi, più forti saranno le restrizioni. Una delle poche novità inserito nel decreto è la “zona bianca”, dove le uniche misure anti Covid saranno il distanziamento sociale e l’uso della mascherina. Tuttavia i parametri per accedere alla zona bianca sembrano ancora lontani per il Paese: per essere considerate a basso rischio, le Regioni dovranno mantenere per tre settimane consecutive un’incidenza di 50 casi ogni 100mila abitanti e un indice di contagiosità (Rt) basso. Un traguardo ancora lontano, che conferma che il Paese è ancora lontano dall’uscire dall’emergenza.

Giuseppe Conte, presidente del Consiglio. Credit: Giuseppe Conte Facebook
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