L’obiettivo di Conte? 155 voti, ma in Senato potrebbero esserci sorprese

Martedì 19 gennaio il presidente del Consiglio Giuseppe Conte porrà la questione della fiducia nell’Aula del Senato della Repubblica.

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Aula del Senato della Repubblica. Credit: Archivio Meteoweek

Ottenere 155 voti. È questo l’obiettivo del presidente del Consiglio Giuseppe Conte per l’appuntamento decisivo del governo. Oggi, martedì 19 gennaio, il premier porrà la questione della fiducia nell’Aula del Senato. Il primo passaggio alla Camera – svolto durante tutta la giornata di lunedì 18 gennaio – è andato bene per l’avvocato del popolo, che ha raggiunto la maggioranza assoluta con 321 sì. La partita a Palazzo Madama, tuttavia, sarà più difficile per i giallorossi. Questo perché c’è il rischio – divenuto con il passare dei giorni quasi una certezza – che Conte non arrivi a sforare la maggioranza assoluta, che richiederebbe 161 voti a sostegno.

I numeri a favore di Conte

I sostenitori del premier Conte oscillano tra quota 151 e quota 157, tutto dipende dalle decisioni che alcuni personaggi politici in bilico prenderanno all’ultimo momento. Di questi, 92 appartengono al Movimento 5 stelle, 35 al Partito democratico, 20 al Gruppo Misto e 5 al gruppo Per le Autonomie. Così la maggioranza collezionerebbe 152 voti, restando ancora a meno 9 dalla maggioranza assoluta. Sostenitori che dovrebbero arrivare dai cosiddetti parlamentari “responsabili”, di cui Conte è andato a caccia negli ultimi giorni. Per mantenere in piedi l’esecutivo, in ogni caso, basterebbe la maggioranza relativa. Vale a dire l’ottenimento di un solo voto in più rispetto all’opposizione. Numeri che il presidente del Consiglio dovrebbe riuscire a raggiungere, anche se non è mai detta l’ultima parola.

Quali sono gli scenari possibili?

Che la maggioranza sia assoluta o relativa, il numero uno di Palazzo Chigi ha già dichiarato di voler andare avanti. Per questo l’avvocato del popolo si accontenterebbe ora di una maggioranza relativa al Senato, per poi riservarsi il tempo di allargare la maggioranza in futuro, con un lasso di tempo più ampio a disposizione. Un piano che porta con sé diversi problemi e interrogativi, dal momento che in alcune votazioni cruciali – come lo scostamento di bilancio – è necessaria la maggioranza assoluta. Oppure visto che, senza maggioranza assoluta, i giallorossi sarebbero in minoranza in alcune commissioni del Senato.

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Accontentarsi di una maggioranza relativa, quindi, potrebbe rivelarsi un’arma a doppio tagli e contribuire alla lentezza con cui vengono approvati i provvedimenti in Italia. Al momento sembra che il governo possa ottenere 155 voti a favore, ma il numero potrebbe anche abbassarsi. Al di là dei numeri – a meno che l’opposizione non superi la maggioranza – il premier ha intenzione di andare avanti senza dimissioni anche nel caso in cui i voti scendano sotto quota 155.

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L’incognita Italia viva

Intorno al partito di Matteo Renzi, leader di Italia viva, restano due incognite. Entrambe riassumibili in una sola domanda: i senatori renziani resteranno compatti? Perché hanno due possibilità diametralmente opposte. Rifiutare lo strappo con il governo provocato dall’ex sindaco di Firenze, votando la fiducia a Conte e facendolo probabilmente a quella maggioranza assoluta tanto agognata. Oppure, al contrario, cambiare completamente indirizzo politico e schierarsi tra le fila dell’opposizione, pur condividendo i banchi con i tanto odiati sovranisti, Matteo Salvini e Giorgia Meloni. In questo modo imporrebbero a Conte di dimettersi, visto che l’esecutivo otterrebbe meno voti del centrodestra.

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Giuseppe Conte, presidente del Consiglio, al Senato. Credit: Giuseppe Conte Facebook
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