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Politica

Scadenze fiscali tra adempimenti e sospensioni: qual è il peso della crisi?

Tra i dossier sul tavolo del governo Draghi compaiono anche gli adempimenti fiscali dei contribuenti e, con essi, una domanda: cosa farne? Con il decreto Sostegno il governo vorrebbe modificare il calendario delle scadenze fiscali, con la sospensione e lo slittamento di diversi termini di pagamento. Ma per alcuni settori non sembra ancora abbastanza. Ad esempio nel settore della ristorazione nasce l’iniziativa del Movimento Mio Italia, che ha avviato un’azione legale proprio contro il pagamento di alcune tasse. 

MeteoWeek.com (da Getty Images)

Mentre l’emergenza sanitaria non accenna a placarsi, mentre il governo vaglia ulteriori misure restrittive da applicare a tutto il territorio nazionale per porre un freno all’incalzare delle varianti, le scadenze fiscali si avvicinano minacciose, sempre più temute a causa della profonda crisi economica a cui il Paese resta appeso. Per questo la bozza del Dl Sostegno datata 5 marzo 2021 cerca di individuare gli interventi necessari per far fronte a una situazione che appare sempre più critica. E cerca di farlo andando a modificare proprio il calendario delle scadenze, proponendo la sospensione e slittamento di diversi termini di pagamento. Il testo sarà oggetto di ulteriori modifiche prima dell’approvazione, ma stando a quanto emerso fino ad ora una cosa pare evidente: le scadenze fiscali saranno al centro del provvedimento. Intanto, in base a quanto riportato dallo Scadenzario Fiscale di marzo, disponibile sul sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, emerge un dato: sono ben 89 le scadenze fiscali a cui dover prestare attenzione entro il prossimo 16 marzo. Nello specifico, entro tale data sono previsti 72 versamenti, 2 dichiarazioni e 15 comunicazioni. Tra questi: l’invio della Certificazione Unica; la trasmissione dati per il modello 730; il versamento del saldo IVA emerso dalla dichiarazione annuale; la tassa annuale di concessione governativa 2021 per la vidimazione dei libri sociali da parte delle società di capitali; il versamento dei contributi INPS; il versamento da parte dei sostituti di imposta delle ritenute alla fonte effettuate nel mese precedente.

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Le buone notizie

Dal primo marzo sono ripartite le cartelle fiscali, ma il governo sembra comunque intenzionato a sospendere i termini di pagamento, in modo da evitare una cesoia che rischierebbe di togliere il fiato a diverse imprese. La data di fine di sospensione di tutti i termini di pagamento potrebbe coincidere, allora, con la data di scadenza dello stato di emergenza (30 aprile). Si tratta di un provvedimento che riguarderà anche gli atti notificati nei prossimi giorni dall’ente di Riscossione: anche per loro, lo spazio dei 60 giorni per il pagamento partirà dal 30 aprile. Ne consegue che, salvo ulteriori modifiche, la scadenza massima slitterà al 30 giugno. Slitta al 30 aprile anche la data di sospensione dei pignoramenti di stipendi e pensioni. Altra data, invece, per le rate di rottamazione e per il saldo e stralcio in scadenza nel 2020: in questo caso ci sarà tempo fino al 31 luglio per adempiere al pagamento. Il pagamento deve esser effettuato entro il 30 novembre 2021, invece, per le rate in scadenza il 28 febbraio, il 31 marzo, il 31 maggio, e il 31 luglio 2021.

Buone notizie, inoltre, anche sul fronte cancellazione debiti. In questo senso il dl Sostegno si propone non solo di modificare il calendario delle scadenze, ma anche di cancellare le vecchie cartelle affidate tra il 2000 e il 2015. Come precisato, comunque, la bozza è ancora in uno stato di lavorazione e all’interno del governo prosegue la discussione sulle modalità di tale cancellazione: riguarderà tutte le cartelle o solo quelle sotto una certa soglia? A tutto questo si aggiunge anche l’ipotesi di cancellare automaticamente il carico non riscosso una volta passati cinque anni dall’affidamento. Segue, poi, l’idea di applicare una nuova rottamazione rivolta a tutte le imprese che hanno subito una perdita almeno del 33% del fatturato. Ma sul tema si attendono ulteriori informazioni derivanti dalla messa a punto della bozza in questione.

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Ma basterà?

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Eppure, tutto questo potrebbe non bastare. Lo evidenzia l’iniziativa del Movimento Mio Italia, che ha avviato un’azione legale contro il pagamento di tasse e tributi gravanti dal marzo 2020 in poi su diversi tipi di attività. Tra queste: ristoranti, alberghi, bar pizzerie, pub, negozi, grossisti, distributori, partite Iva in genere. La data del marzo 2020 non è scelta casualmente: è la data di inizio del primo lockdown. A parlarne sono stati Paolo Bianchini e Fulvio Castellaro, rispettivamente presidente e responsabile per il Piemonte di MIO Italia, Movimento Imprese Ospitalità, che ribadiscono: “Il numero dei piccoli imprenditori che stanno aderendo a questa iniziativa di disobbedienza fiscale è in costante aumento“. Poi gli organizzatori dell’iniziativa spiegano: “La nostra azione legale si basa sull’impossibilità di pagare la giungla di balzelli che risucchia il 70% degli incassi (tale è la pressione fiscale), a causa dell’evidente crollo del fatturato, -57% la media nazionale, con punte anche del 95%. Gli aderenti all’iniziativa di Mio Italia hanno bloccato il pagamento della Tari, della tassa sulle insegne, della Siae, dei contributi Inps (esclusa la quota dipendente)”.

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Alla base della rivendicazione, osservazioni a cui la politica dovrà dare risposte: “Perché i piccoli imprenditori devono pagare la tassa sulle insegne, solo per fare un esempio, se queste ultime sono rimaste spente? Il versamento di alcuni tributi, solo di alcuni, è stato rinviato, ma non cancellato. Non è sostenibile tutto ciò”. Per questo, spiegano i due, “in questo senso, un pool di avvocati, tributaristi, commercialisti e professori universitari d’economia sostiene la protesta di MIO. I legali assisteranno i piccoli  imprenditori già da quando arriverà il primo avviso di pagamento. Sarà infatti presentato un immediato ricorso e quindi offerta copertura legale in tutti e tre i gradi di giudizio”. In ballo non c’è solo la rivendicazione che emerge da un settore, ma in molti casi proprio l’impossibilità di adempiere a quanto richiesto senza ricorrere a estremi rimedi: “I piccoli imprenditori non possono ricorrere agli usurai per pagare le tasse. La nostra sarà una battaglia pubblica, a testa alta, che auspichiamo raccolga il massimo del consenso. Il comparto dell’ospitalità a tavola (Horeca) vale il 30% del Pil e senza di esso l’economia italiana tutta non potrà mai ripartire”, hanno concluso Bianchini e Castellaro. Anche a loro dovrà rispondere lo Stato, e se non lo farà ci penserà qualcun altro di meno auspicabile.

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