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Estero

Ue: via libera alle candidature di Ucraina e Moldavia, tensioni coi paesi balcanici

Giornata storica per Kiev e Chișinău. I Ventisette hanno dato il via libera alle loro candidature all’ingresso nell’Unione europea.

Ancora rimandato – anche se dovrebbe essere questione di ore – l’allargamento dell’Unione a Albania, Macedonia del Nord e Serbia.

Ursula von der Leyen coi colori della bandiera ucraina – Meteoweek

Via libera a Kiev nell’Unione europea. O almeno semaforo verde per la candidatura ucraina. Un ok dall’alto valore simbolico, anche se l’ingresso effettivo di Kiev nell’Unione europea potrebbe richiede tempi più lunghi. Come mostra l’esperienza dei Paesi dei Balcani occidentali.

Ad ogni modo i capi di stato e di governo dei Ventisette hanno riconosciuto lo status di Paese candidato a Ucraina, Moldavia. Mentre alla Georgia hanno concesso la prospettiva europea.

Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel e la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, parlano di un momento “storico”, arrivato per di più nel sesto anniversario della Brexit. Un passo più di forma che di sostanza perché per arrivare all’adesione vera e propria ci vorranno anni.

“È una delle decisioni più importanti per l’Ucraina in tutti i trent’anni di indipendenza del nostro Stato. Tuttavia, questa decisione non riguarda solo l’Ucraina”, ha commentato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, collegatosi coi leader Ue dopo la decisione. Ora però questi Stati devono fare i compiti per fare progressi e raggiungere le prossime fasi, ha detto Ursula von der Leyen.

La delusione dei leader dei Balcani occidentali

Dimitar Kovacevski (Macedonia del Nord), Aleksandar Vucic (Serbia) e Edi Rama (Albania) – Meteoweek

Meno gratificante la giornata per i Balcani occidentali. Il vertice di quattro ore coi leader dei Balcani si è rivelato un fallimento. Tanto che è stata annullata anche la conferenza stampa dei tre presidenti (Michel, von der Leyen e Macron). Rifatta poi nella notte dopo il via libera alla candidatura di Ucraina e Moldavia. C’era ben poco da dire, a parte la frustrazione per il veto della Bulgaria. Difficile andasse diversamente col primo ministro uscente, Kiril Petkov, sfiduciato solo poche ore prima. Il quale dunque altro non poteva che ribadire che solo il Parlamento può decidere e sbloccare lo stallo con la Macedonia del Nord. Domani si esprimerà la commissione Esteri e la plenaria. C’è fiducia da parte dei diplomatici che parlano di questione di ore, ma la realtà è che non c’è nulla di scontato.

Se gli europei sono frustrati, i leader dei Balcani occidentali sono sempre più delusi. In testa il premier di Albania (Edi Rama), Macedonia del Nord (Dimitar Kovacevski) e Serbia (Aleksandar Vucic). Molto tagliente il commento del premier albanese: “Oggi sono in lutto per l’Unione europea, mi dispiace molto per loro. Abbiamo offerto l’aiuto di cui potrebbero aver bisogno”, ha commentato. “È bello essere qui, ma siamo sempre ospiti. Siamo una famiglia, nella stessa casa ma in piani diversi”, ha aggiunto confermando la volontà di entrare nell’Unione europea “magari il prossimo secolo”. Infine il messaggio agli ucraini: “Congratulazioni, ma non illudetevi. La Macedonia del Nord è candidata da diciotto anni, noi da otto“. Kovacevski parla invece di un problema serio e un duro colpo per la credibilità dell’Ue”.

Accuse a cui ha risposto Macron: “Non possiamo fare finta che non esista la questione Bulgaria, seppur tardiva. Ma in questo ultimo mese abbiamo fatto tante pressioni e abbiamo presentato una proposta che accontenta entrambi. Aspettiamo che il Parlamento bulgaro voti, siamo molto vicini all’accordo. È questione di ore”.

Ma non c’è solo il veto bulgaro. Sul tavolo c’è anche la questione Bosnia-Erzegovina che ha allungato i tempi della discussione sulla concessione dello status di candidato all’Ucraina. Sono diversi i Paesi, tra i quali Austria, Croazia e Slovenia, che sostengono la necessità di concedere anche alla Bosnia lo status di candidato. Prima però dovrà applicare con urgenza la riforma della Costituzione e quella elettorale.

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