Caso Vannini, azione disciplinare contro magistrato: “Indagini superficiali”

Il caso Vannini si arricchisce di una ulteriore puntata. “Indagini superficiali e azione disciplinare contro il magistrato che ha curato l’inchiesta. La decisione è stata presa dal ministro Alfonso Bonafede. “Un ingiusto danno ai genitori del ragazzo”

Marco Vannini, scomparso nel 2015 a soli venti anni

Nuovi sviluppi nel caso Marco Vannini. Come riportato da Il Messaggero, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha avviato un’azione disciplinare nei confronti del pm titolare dell’inchiesta. Secondo ministro ci sarebbero gli estremi per valutare come “superficiali” le indagini condotte sulla morte del giovane. Inchiesta che avrebbe portato ad “un ingiusto danno nei confronti della famiglia e dei familiari del ragazzo”.

Nel mirino del Guardasigilli c’è Alessandra D’Amore, il sostituto procuratore attualmente in forza alla procura generale di Roma dopo essere stata in servizio per oltre 10 anni a Civitavecchia. Il pm, avvertito sul caso, avrebbe già chiesto di essere ascoltato da chi di competenza. Bonafede non aveva condiviso, fin dal principio, le mosse del presidente della Corte d’assise d’appello, Andrea Calabria, che alla lettura della sentenza intimò alla madre di Marco di smetterla di protestare. “Ritengo che sia inaccettabile – le parole del ministro – che un magistrato interrompa la lettura del dispositivo per dire alla madre della vittima di farsi una passeggiata. Sono stati attivati tutti i uffici affinchè vengano fatti tutti gli accertamenti del caso”.

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Un caso ancora ricco di misteri e aspetti da chiarire

La sentenza della Cassazione ha stabilito un appello bis per tutta la famiglia Ciontoli. Per gli ermellini, il sottoufficiale della Marina militare con un ruolo nei servizi segreti va giudicato di nuovo poiché non si trattò di omicidio colposo ma di omicidio “volontario con dolo eventuale”. Sul caso continuano a resistere numerosi interrogativi che allontanano la risoluzione. In primis, perché la villa dei Ciontoli non fu sequestrata dopo l’omicidio? Perché – come riporta il Messaggero – per Ciontoli, che si attribuì la responsabilità dello sparo, non fu emessa ordinanza cautelare? Perché non fu usato il luminol sulla scena del crimine? Perché ai periti della difesa non fu data la possibilità di accedere nella villetta di via De Gasperi?”.

E poi c’è il mistero della maglietta blu scomparsa, sobbalzata all’attenzione delle cronache. Come mai non è stata ritrovata? Dove è finita? La supposizione di mamma Marina apre le porte ad un nuovo interrogativo. “L’abbiamo avuta tra le mani ma è scomparsa. Forse qualcuno ha cercato di disfarsene poichè sporca di sangue. Altrimenti non si spiega il perchè e per quale motivo sia sparita”. Che ne sarà di questo supplemento di indagini richiesto a gran voce? A questo punto si attenderanno le motivazioni della sentenza della Cassazione (che verranno rese note entro 60 giorni) sulla base delle quali si capirà se i giudici di secondo grado potranno accogliere perizie e nuove testimonianze. L’azione disciplinare voluta da Bonafede, tuttavia, non passerà inosservata. La conduzione di indagini “superficiali”, così come ribadito dalla famiglia della vittima, apre il campo a nuovi possibili scenari.

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