Coronavirus, anche parlando c’è il rischio di contagiare

Un nuovo studio mostra come le goccioline (droplets) prodotte durante una conversazione potrebbero essere veicolo di contagio: soprattutto in ambienti chiusi.

Non sarebbero solo la tosse e gli starnuti a diffondere il virus attraverso i “droplets”, le minuscole goccioline che si disperdono nell’aria intorno a noi. Anche il semplice parlare potrebbe essere veicolo di contagio: mentre si conversa, infatti, si emettono migliaia di goccioline che possono rimanere sospese nell’aria tra gli 8 e i 14 minuti. Lo indica un nuovo studio appena pubblicato su Pnas, la rivista della United States National Academy of Sciences. Una ricerca che potrebbe spiegare finalmente in che modo anche persone con sintomi lievi o addirittura asintomatiche siano in grado di infettare. Ovviamente questo tipo di contagio “funziona” soprattutto in spazi ristretti e chiusi come uffici, ambulatori, abitazioni, ristoranti, negozi. Si tratta di uno studio sperimentale, effettuato in laboratorio, che andrebbe replicato in ambienti realistici per verificarne la validità. I risultati ottenuti, in ogni caso, confermano la necessità  di indossare le mascherine e mantenere il distanziamento sociale per ridurre la diffusione del virus sopratutto negli ambienti chiusi.

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Come avviene il contagio? Secondo quanto verificato fino ad ora dalla scienza il coronavirus si trasmette attraverso le goccioline che si trasmettono da persona a persona oppure si depositano nell’ambiente che ci circonda quando le emettiamo: maniglie, superfici, pulsanti possono essere luoghi di “atterraggio” del droplet. Le persone che le toccano e poi portano le mani al viso sono ovviamente a rischio, ma il contagio può arrivare anche da altre direzioni: alcune di queste goccioline possono infatti rimanere nell’aria ed essere inalati da altre persone. Uno studio del Mit (Massachusetss Institute of Tecnology) ha evidenziato come uno starnuto crei una vera e propria nuvola di goccioline, grandi e piccole, che può arrivare anche fino a 8 metri di distanza. I droplets grandi si depositano più velocemente di quanto sia evaporino, contaminando le immediate vicinanze dell’individuo infetto. Al contrario, le goccioline piccole emesse mentre si parla o si respira evaporano nella forma di particelle chiamate «aerosol». Un singolo colpo di tosse, per comprendere bene le proporzioni,  può produrre circa 3.000 goccioline respiratorie mentre gli starnuti ne possono generare fino a 40.000. E qui arriva lo studio sulle possibilità di contagio durante una normale conversazione. I ricercatori del National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases dell’Università della Pennsylvania hanno chiesto a un gruppo di volontari di ripetere le parole «stay healthy» (“rimanere in salute”), per molte volte. Mentre i partecipanti parlavano all’estremità aperta di una scatola di cartone i ricercatori illuminavano il suo interno con laser verdi in grado di rintracciare le goccioline emesse da chi stava parlando. Le scansioni laser hanno mostrato che i volontari emettevano all’incirca 2600 goccioline al secondo mentre parlavano. Goccioline che potrebbero contenere anche  microrganismi patogeni come Sars-CoV-2. I ricercatori hanno inoltre scoperto che parlando ad alta voce si generano più goccioline che sono anche più grandi. In un minuto di chiacchiere una persona infetta può produrre almeno 1000 goccioline contenenti il virus che possono aleggiare nell’aria dagli 8 ai 14 minuti.

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