Il piano di Conte: Recovery Fund meno ricco, ma senza condizionalità

Il premier esporrà le proprie intenzioni durante il vertice di venerdì e sabato a Bruxelles. Conte cercherà di convincere Merkel e i “frugali” del Nord Europa a cedere sulle condizionalità.

conte

Giuseppe Conte le sta tentando letteralmente tutte, pur di accedere al Recovery Fund senza che l’Italia ne subisca le ripercussioni. E nei prossimi giorni proporrà il suo nuovo piano per portare a casa un assegno sostanzioso dall’incontro con i presidenti degli Stati membri dell’Unione Europea. Anche perchè le condizioni iniziali non sembrano potersi concretizzare, a causa dei venti freddi provenienti dal Nord Europa. E allora ecco che Conte cambia strategia. E la metterà in pratica nel prossimo vertice dell’Unione Europea, in programma a Bruxelles nel prossimo weekend.

Conte si è reso conto di una cosa: il piano da 750 miliardi a condizioni agevolate non può più essere ottenuto. Allora ecco che, di fronte al muro alzato soprattutto dai Paesi del Nord, si è costretti a scendere a compromessi. Quello principale è abbastanza chiaro nella mente del premier italiano: meno soldi, ma condizioni migliori. Per questo motivo, i giorni che precedono il vertice di Bruxelles potrebbero essere decisivi per raggiungere lo scopo. Il motivo è presto detto: Conte incontrerà alcuni leader europei prima di sedersi al tavolo delle trattative.

E allora ecco che oggi ci sarà il faccia a faccia con il cancelliere tedesco Angela Merkel. Giovedì, invece, alla vigilia del vertice il capo del Governo italiano incontrerà il presidente francese Macron. Ancor più importante, però, è l’incontro con il leader della Germania, Paese che ha assunto la presidenza dell’Unione per questo nuovo ciclo. L’intento di Conte è chiaro: si può anche rinunciare a qualcuno dei 172 miliardi previsti dal Recovery Fund, a patto che ci si venga incontro. E l’unico modo per farlo è la rimozione di alcune delle condizionalità di cui si vocifera da qualche giorno.

In particolare, uno dei passaggi dell’accordo tra Merkel e Stati del Nord appare particolarmente penalizzante agli occhi di Conte. Questi Paesi, che rappresentano una minoranza pari al 35% della popolazione europea, possono bloccare il via libera della Commissione Ue all’esborso del Recovery Fund. Una mazzata che Conte e gli altri leader europei che vogliono ottenere il fondo, stanno cercando di evitare. E dopo il confronto tra il premier italiano e l’omologo olandese Rutte, ci si è resi conto che questo scenario è assai probabile.

Giuseppe Conte e Angela Merkel – meteoweek.com

E nel frattempo anche il cancelliere austriaco Kutz fa capire che i dubbi sul modo in cui l’Italia spenderebbe il denaro del Recovery Fund sono alla base delle perplessità dei frugali. “In Italia – sostiene – diversi programmi di sostegno Ue non hanno portato il risultato sperato. Il Paese deve ancora combattere con il sommerso e non è competitivo su pensioni e mercato del lavoro”. Conte, dal canto suo, ritiene inconcepibile che una minoranza possa influenzare in questo modo la decisione dell’Ue sul Recovery Fund. Ma al tempo stesso non intende cedere la mano.

Così l’intenzione del premier italiano è quello di tornare al piano originario dell’Unione. Cioè la facoltà di Bruxelles di approvare il Piano nazionale di riforme, lasciando al 65% degli Stati favorevoli la possibilità di accedervi. E in questo senso avrebbe un ruolo importante il presidente della Commissione, David Sassoli. In ogni caso, la trattativa tra Conte e Merkel potrebbe non essere così agevole come si augura il nostro presidente del Consiglio. Anzi, è assai probabile che la cancelliera tedesca resti sulla sua posizione attuale.

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Dunque il percorso che porta al Recovery Fund si fa frastagliato e ricco di insidie per l’Italia. Non ci sono solo i Paesi nordici a spingere per cambiare le carte in tavola, ma anche alcuni esponenti di spicco del partito di riferimento della Merkel sono sulla stessa lunghezza d’onda. L’accordo potrebbe portare a una riduzione di 100 miliardi sul Recovery Fund, il cui piano totale scenderebbe a quota 650. Ma solo se a essere tagliata sarà la parte in prestito, e non quella a fondo perduto. Conte, in ogni caso, ci prova.

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