Quota 100, Ape sociale e opzione donna: ecco cosa cambia

Proprio ieri la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo ha riaperto il confronto sulla riforma del sistema pensionistico. Nell’incontro con i sindacati è stato ribadita la riconferma di Quota 100 fino a fine 2021, data della sua naturale scadenza. Catalfo ha anche annunciato una legge delega che entrerà in vigore già a partire da gennaio 2022. Ora arrivano ulteriori novità su Ape social e opzione donna.

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(Foto di Vincenzo Pinto, da Getty Images)

Torna sul tavolo la riforma del sistema pensionistico e arrivano le prime informazioni sul profilo che prenderanno le varie forme di pensionamento. La prima novità riguarda Quota 100 che, molto probabilmente, sarà utilizzata anche in qualità di ammortizzatore sociale legato all’emergenza coronavirus. Per Quota 100 la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo ha ribadito: rimarrà in vigore fino alla sua naturale scadenza, fine 2021. Molte sono le aziende che cercano un modo per garantire un pensionamento anticipato ai propri dipendenti più anziani. Quota 100, in questo quadro, rappresenterebbe un modalità portante per raggiungere questo scopo, insieme ad altri strumenti collaterali di anticipo pensionistico. Tra questi, anche l’Ape social e opzione donna, la cui proroga è già sul tavolo in qualità di intervento in materia di pensioni nella legge di bilancio 2021. Infatti si tratta, in entrambi i casi, di strumenti in grado di garantire l’uscita anticipata dei lavoratori.

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(Foto di Emanuele Cremaschi, da Getty Images)

Per quanto riguarda opzione donna, si tratta di una tipologia sperimentale di pensione di anzianità che presenta il vantaggio di richiedere requisiti più leggeri rispetto a quelli richiesti dalla pensione anticipata e dalla vecchiaia ordinaria. L’opzione è stata inserita per la prima volta con la legge Maroni 243/04, ripresa dalla Riforma Pensioni Fornero 2011, prorogata e modificata a più riprese nel corso del tempo. Lo strumento è rivolto, come si evince dal nome, alle sole donne e permette di anticipare in maniera consistente l’uscita dal lavoro chiedendo in cambio un ricalcolo contributivo del trattamento. In sostanza, si va in pensione prima, ma con un netto taglio all’assegno di pensionamento. Più nello specifico, al momento l’opzione è rivolta a lavoratrici dipendenti con 35 anni di contributi che compieranno 58 anni di età entro il 31 dicembre 2019. Per quanto riguarda le lavoratrici autonome, stessa storia, con una differenza: devono aver compiuto almeno 59 anni di età. Per quanto riguarda la possibile proroga inserita nella prossima legge di Bilancio, i criteri non cambiano. A cambiare sono piuttosto le tempistiche: gli anni di requisiti e di età potranno esser maturati non più entro il 31 dicembre 2019, ma entro il 31 dicembre 2020.

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Un secondo strumento già citato riguarda l’Ape sociale. Si tratta però, in questo caso, di un’indennità di accompagnamento alla pensione. Questi i criteri: è possibile uscire dal lavoro con un’età minima di 63 anni e minimo 30 anni di contributi. Questo se si è, però, disoccupati di lungo corso, invalidi dal 74% o caregiver. Se si fa parte degli addetti ai lavoratori gravosi, invece, per l’uscita dal lavoro sono richiesti 36 anni di contributi. Questa indennità presenta gli stessi calcoli della futura pensione di vecchiaia e un tetto massimo di 1.500 euro. Si tratta, pertanto, di un accompagnamento alla pensione di vecchiaia, prevista con un’età minima di 67 anni. L’eventuale proroga prevederebbe a questo punto la possibilità di maturare i requisiti entro il 31 dicembre 2021, e non più entro il 31 dicembre 2020.

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