Gang di ragazzini a caccia di pedofili da punire: ucciso un insegnante

Una gang di ragazzini in Olanda cerca di trovare i pedofili che si nascondono in rete, gli tende degli agguati e, talvolta, li uccide. L’ultima vittima è stato un insegnante, che non aveva precedenti penali. Ci sarebbero stati altri 250 episodi.

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Jan Kruitwagen, insegnante in pensione ucciso poiché presunto pedofilo – meteoweek.com

I gruppi online nati per il “bene comune” in Olanda sono sempre di più. Ragazzini e non solo si riuniscono in rete al fine di scovare e punire i presunti pedofili. Qualche settimana fa in sette hanno teso una imboscata a Jan Kruitwagen, insegnante in pensione. Lo avevano avvicinato in una chat gay e il settantatreenne aveva accettato un appuntamento al buio, nonostante si ritiene che sapesse che dall’altra parte c’era un minorenne. Nel parco di Arnhem, dove avrebbe avere luogo l’incontro, la gang l’ha picchiato ferocemente e ripetutamente. Nella notte l’uomo è deceduto in ospedale.

Non è la prima volta che il gruppo di ragazzini (soltanto uno dei sette è maggiorenne) aggredisce i presunti molestatori. Essi, inoltre, farebbero parte di una comunità molto più ampia. Sono tantissime, infatti, le reti che sul web, si pongono l’obiettivo di ripulire il mondo. Lo scorso weekend nella provincia di Zeeland un uomo è stato picchiato a sangue, fino ad essere trasportato in ospedale. Da luglio ad oggi le autorità olandesi hanno registrato circa 250 episodi di questo genere. Talvolta, invece, le punizioni messe in atto sono più leggere. La gang, infatti, diffonde semplicemente le foto dei presunti pedofili sui social network, segnando per sempre la loro reputazione.

L’Olanda non è senza dubbio l’unico paese in cui avvengono fenomeni di questa tipologia. Gruppi simili a “Pedohunters NL” e “Pedophiles unmasked” hanno migliaia di membri in tutto il mondo. Nel Regno Unito si registrano 100 episodi a settimana ad opera dei cosiddetti Ocaag. Il fenomeno si è ulteriormente diffuso con il lockdown dettato dal Coronavirus, a causa del quale molte più persone navigano frequentemente in rete.

L’omicidio di Jan Kruitwagen

Il brutale omicidio di Jan Kruitwagen ha destato grande scalpore in Olanda. L’uomo era un insegnante in pensione e non aveva alcun precedente per abusi sessuali, né tantomeno su minori. Il suo presunto ruolo di pedofilo è dunque ancora tutto da chiarire. In tanti nella comunità lo conoscevano e lo ricordano come una persona buona. Amici, familiari, ex alunni e colleghi di Kruitwagen hanno reso omaggio al settantatreenne nel luogo del pestaggio, deponendo nel parco fiori e candele. Il sindaco Ahmed Marcouch ha definito gli aggressori colpevoli di “un crimine orribile”.

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Il luogo in cui Jan Kruitwagen è stato picchiato e ucciso – meteoweek.com

La gang intanto si trova attualmente in stato di fermo. I componenti, accusati di omicidio, sono sette ragazzini, soltanto uno dei quali è maggiorenne. “L’idea di dare la caccia ai pedofili è nata dalla noia in questi tempi di pandemia“, ha spiegato l’avvocato di un quindicenne.

L’allarme della polizia

La polizia olandese ha chiesto alla popolazione di non affidarsi alla giustizia fai da te. Nel caso in cui si venga a conoscenza della presunta colpevolezza di qualcuno, infatti, è necessario rivolgerli alle autorità. “Fermatevi, smettetela di provocare, di fare gli investigatori, così non ci aiutate“, ha detto Oscar Dros, a capo della divisione regionale dell’Est. “Questo comportamento da vigilantes è inutile perché le prove che questi cittadini pensano di avere sono molto spesso insufficienti o inesatte“.

Lo ha ribadito anche Ferdinand Grapperhaus, ministro della Giustizia, il quale ha sottolineato che in caso di sospetti abusi, per sicurezza, è importante evitare qualsiasi incontro con il presunto molestatore e rivolgersi alla Polizia. Gli appelli, in questi mesi, tuttavia non sono serviti. Secondo Arda Gerken, direttrice di un’associazione contro gli abusi sui bambini online, inoltre, questo fenomeno di assalto ai pedofili sarebbe controproducente in quanto li spingerebbe a uscire dalla rete e, dunque, ad essere persi di vista. “Il modo migliore per impedire a un pedofilo di commettere un crimine è tenerlo dentro i social network, dove può essere guardato e conosciuto“, ha spiegato.


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Sono molti i casi in cui, tuttavia, gruppi di questo genere hanno aiutato le autorità a scovare i pedofili. È il caso, ad esempio, di Mark Sutherland, condannato grazie alle prove raccolte dal Groom Resistance Scotland. L’imputato aveva presentato ricorso invocando il rispetto della privacy stabilito dell’articolo 8 della Convenzione Europea sui diritti umani, ma esso è stato rigettato. “L’interesse dei bambini ha la priorità su quelli di un molestatore“, hanno decretato i giudici all’unanimità. Resta, tuttavia, la necessità di affidarsi alle forze dell’ordine nel momento in cui si ottengono prove a carico dei pedofili, evitando la giustizia fai da te.

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