Pensioni, quota 100 sta per terminare: ecco cosa accadrà adesso

Pensioni, quota 100 sta per terminare: ecco cosa accadrà adesso. Il ministro Orlando illustra il timing

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A fine maggio terminerà il periodo delle due commissioni di studio istituite al ministero del Lavoro, per la classificazione e comparazione di spesa pubblica e gravosità occupazioni, mentre a giugno partirà il confronto con le parti sociali per riformare il sistema previdenziale. Questo il timing spiegato dal ministro Andrea Orlando settimana scorsa in Parlamento. «Credo che le proposte di intervento che saranno prossimamente individuate e condivise non possano essere più di carattere sperimentale e transitorio, ma dovranno essere orientate, in termini di sostenibilità ed equità e di una prospettiva di lungo periodo. Dovranno avere carattere strutturale» ha detto il ministro in merito alla riforma, che dovrebbe prevedere «equità intergenerazionale, sostenibilità finanziaria e adeguatezza delle prestazioni», considerando «mutamenti economico-sociali di portata epocale e con la persistente sfida demografica e anche delle conseguenze dell’impatto della pandemia sul mercato del lavoro». 

A fine anno Quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi) si concluderà e per evitare un gap di ben 5 anni di età da un giorno all’altro si stanno valutando diverse ipotesi. Ad esempio, la sostituzione con Quota 102: il requisito dell’età passerebbe a 64 anni, mentre quello per i contributi rimarrebbe a 38 con non oltre due anni di versamenti figurativi. Non sarebbero previsti tagli per l’assegno, dato che le penalizzazioni sono incluse nel meccanismo del calcolo dei coefficienti di trasformazione, che riducono in modo automatico la pensione tutte le volte che si anticipa l’uscita dal lavoro.

Il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha fatto la seguente proposta: chi sceglie di andare in pensione prima, a 62-63 anni, avrà un assegno di pensione calcolato tramite sistema contributivo. Quando la persona che va in pensione in anticipo compirà 67 anni, l’assegno sarà dunque ricalcolato secondo i requisiti del sistema retributivo. Con questa proposta non concordano i sindacati, che si oppongono all’«idea di una pensione spacchettata e penalizzata nei primi anni».

Pensione e contratto di espansione

Questo meccanismo funziona così: il rapporto tra dipendente e impresa viene risolto e al lavoratore si corrisponde una somma (detta indennità di accompagnamento alla pensione), finché non si maturano i criteri per lasciare il lavoro. La somma che si percepisce è del tutto simile alla pensione maturata dal lavoratore. Sarebbe direttamente l’Inps a pagare questa pensione di transizione ma a dare i soldi per versarla, sarebbe invece l’azienda in cui opera il lavoratore. L’impresa dovrebbe versare ogni mese delle somme all’Inps garantita da una fideiussione.

Pensione per lavoratori fragili

Secondo Pasquale Tridico, bisogna pensare ad una pensione anticipata, a 63 anni, per i lavoratori fragili.  Per questo si potrebbero usare i fondi di solidarietà, ossia fondi alimentati dalle stesse imprese con una contribuzione sullo 0,32% della retribuzione che potrebbero usufruire anche di altre risorse. Secondo Alberto Brambilla, esperto in previdenza,  si potrebbero inserire fondi di solidarietà per industria,  commercio, artigianato e agricoltura. In questi contesti potrebbe essere permessa un’uscita anticipata con 62 anni d’età e 35 di contributi versati.

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I sindacati stanno premendo affinché, raggiunta una certa quantità di contributi sia possibile andare in pensione a ogni età, qualunque lavoro si sia svolto. Questo è attualmente possibile ma solo per lavoratori precoci, disoccupati per licenziamento individuale o collettivo, per giusta causa o risoluzione consensuale e che abbiano concluso da almeno 3 mesi la fruizione della NASPI o altra indennità. E poi ancora per caregiver o lavoratori dipendenti e autonomi che nel momento in cui fanno richiesta si stiano occupando di assistere da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo grado che vive con loro con handicap come ai sensi della legge 104. E infine, per invalidi civili almeno al 74% dipendenti o autonomi con  riduzione capacità lavorativa o persone addette a mansioni usuranti o gravose eseguite per almeno 7 anni negli ultimi 10 anni.

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