Embargo sul petrolio russo, la scelta di salvare l’oleodotto Druzhba mostra la debolezza dell’Ue

La scelta di non toccare il gas russo che arriva in Europa attraverso l’oleodotto rende visibili le divisioni interne all’Ue su come affrontare questa guerra contro Putin. 

“Sono state concesse alcune eccezioni temporanee per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento. Il Consiglio tornerà su queste eccezioni il prima possibile”.

Queste le dichiarazioni che un anonimo funzionario europeo ha rilasciato ad Euronews all’indomani del nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia varato dall’Unione Europea, che prevede un progressivo embargo del petrolio russo. 

Ansa

Una scelta che ha incontrato delle resistenze molto forti all’interno del vecchio continente, mostrando ancora una volta come il fronte europeo non sia per nulla compatto su come continuare ad affrontare la guerra contro Putin. Nel presentare questa nuova misura, la Presidentessa Ue Ursula Von der Leyen ha spiegato che l’obiettivo è quello di arrivare a fine anno con un divieto di importazione del gas russo che sfiori quota 90 per cento degli attuali approvvigionamenti. Al momento però, dopo le proteste di alcune nazioni come l’Ungheria o la Repubblica Ceca, si tratta di un embargo che nasce zoppo: blocca le esportazioni via mare, ma non quelle che arrivano dagli oleodotti. E questo naturalmente certifica una frattura nella gestione di questo conflitto interno all’Unione Europea. Non un segnale da poco: la Von der Leyen da quando è scoppiato il conflitto, non ha fatto altro che chiedere agli stati membri di avere un’unica linea politica per non soccombere in questo nuovo scontro contro Putin. 

Orban ha definito l’embargo contro il gas russo, una “bomba atomica” che danneggerà anche il vecchio continente

Certo, bloccare il gas russo che arriva via mare non è cosa da poco. Al momento circa il 70 per cento del petrolio russo che viene importato nell’Unione Europea arriva nei porti, e non si tratta certo di una percentuale irrisoria. La Russia fino ad adesso ha resistito bene alle sanzioni occidentali, e chi si aspettava un crollo improvviso del rublo è rimasto deluso. Al contempo, diventa difficile capire come farà il Cremlino il prossimo anno a rimpiazzare queste forniture. Fino ad adesso l ‘Unione Europea è stata il maggior compratore di petrolio da Putin, e non è scontato che Mosca riesca a sopperire a questa mancanza trovando delle nuove nazioni acquirenti. 

In ogni caso, la restante quota di petrolio che arriva attraverso l’oleodotto Druzhba non è stata bloccata, e questa è sicuramente una vittoria del fronte capeggiato dal premier ungherese Orban che si è sempre dichiarato contrario a questo embargo. L’opposizione di Orban alle sanzioni russe ha creato una vera e propria frattura interna all’unione, anche a causa delle parole molto forti usate dal premier, che l’ha definita una vera e propria “bomba atomica” per il vecchio continente. 

La Von der Leyen ha dichiarato che entro fine anno si metterà fine alla dipendenza dal gas russo

La strada però, come ha puntualizzato la Von der Leyen, è ormai tracciata e l’Unione Europea si staccherà gradualmente dal gas russo. Nel nuovo pacchetto di sanzioni inoltre, è stato anche prevista una manovra che avrà lo scopo di indebolire la Sberbank, una delle più grandi banche russe al mondo. Segno inequivocabile che lo scontro economico tra queste superpotenze non accenna a placarsi. Non è stato comunque facile, a differenza dei mesi scorsi, arrivare ad un’approvazione unanime di questo nuovo pacchetto di sanzioni. 

La trattative è iniziata i primi di maggio e più volte ha corso il rischio di essere messa da parte a causa delle resistenze di alcune nazioni, tra cui l’Ungheria. Alla fine però si è riuscita ad arrivare a una mediazione che ha permesso di intraprendere contro Mosca un embargo che resterà nella storia. 

Due terzi delle importazioni russe in ue sono state di fatto bloccate. Molto significativo inoltre che anche Germania e Polonia, che continueranno a ricevere il gas attraverso l’oleodotto Druzhba, si sono comunque impegnate a rinunciare progressivamente alle loro quote importate dalla Russia entro la fine dell’anno. 

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