Draghi gioca con i partiti: il suo destino è ancora palazzo Chigi

Il discorso del premier sembra indicare che la sua intenzione è quella di rimanere alla guida del governo. I partiti hanno fatto il loro teatrino e alzato la voce, ma la volontà generale è che Draghi stia al posto di comando.

Mario Draghi ha parlato in Senato e si iniziano a vedere i primi effetti del suo discorso. Il premier sembra intenzionato a proseguire nonostante le dimissioni presentate la settimana scorsa e la difficoltà di tenere dentro la maggioranza un Movimento 5 Stelle che oramai è il partito di Giuseppe Conte.

Ultime ore di trattative tra i partiti e dentro i partiti. Il M5S sembra definitivamente intenzionato a votare No alla fiducia al governo ma questo vorrebbe dire chiaramente uscire dell’Esecutivo, fatto che potrebbe creare una ulteriore scissione con diversi parlamentari intenzionati a prendere una linea diversa e magari accasarsi con l’ex-Luigi Di Maio. In primis ci sono i ministri Stefano Patuanelli e Federico D’Incà seguiti dal capogruppo alla Camera Davide Crippa. “È chiaro che se aprirà ai principali temi posti all’interno dei nove punti da parte del Movimento 5 stelle, diventa ingiustificabile non confermare la fiducia” ha dichiarato Crippa stamane.

LE MOSSE DI DRAGHI SUL M5S

Eppure l’apertura di Draghi verso Conte c’è stata, nel suo discorso ha inserito accenni alle richieste M5s sul reddito di cittadinanza (“da migliorare” dice Draghi) e, soprattutto, sul salario minimo (“misura verso cui dobbiamo muoverci”), nonostante sul Superbonus sia molto dubbioso, affermando che è necessario “ridurre la generosità”. “Non votare la fiducia a un governo di cui si fa parte ha un significato politico chiaro” ha poi affermato Draghi, confermando che in caso di mancato sostegno il Movimento andrebbe fuori dal governo.

LE SCELTE DI LEGA E FI

Si attendono comunque le dichiarazioni in Aula da parte dei vari esponenti per capire come andrà davvero. Dalla Lega rimangono dubbi, bisognerà capire chi sarà a parlare a nome del Carroccio, se toccherà Matteo Salvini o il compito verrà lasciato al capogruppo Massimiliano Romeo. Una delle condizioni che il Centrodestra vorrebbe imporre al Presidente del Consiglio, e su cui anche Forza Italia è d’accordo, è proprio quella di non avere in esecutivo il M5S, un ostacolo che chi tenta di ricucire le maglie di una maggioranza disfatta ritiene troppo limitante.

Altra vicenda che ha fatto storcere il naso al Centrodestra è stato l’incontro avvenuto in prima mattinata tra Draghi ed Enrico Letta. Al segretario del Pd, grande tessitore del governo, è stata “concessa udienza” con il premier, lo stesso non è avvenuto per gli altri leader che avevano avanzato la stessa richiesta come Tajani, Lupi e Cesa. Draghi sta testando la resistenza dei partiti. Lui non è un politico ma sa bene come giocare con il Parlamento e vincere i blocchi.

AVANTI CON DRAGHI

Il Presidente del Consiglio si fa forza dell’appoggio esterno alle Aule parlamentari di cui gode. Non certo dei cittadini, che non ne apprezzano certo la figura né il ruolo, ma dei mercati, di Confindustria, dei sindaci e dei governatori che hanno firmato appelli affinché rimanga al suo posto, in vista soprattutto dei prossimi finanziamenti che arriveranno dal Pnrr e che l’Italia rischia di perdere se non portasse a termine le condizioni richieste dall’Europa per ottenererli.

L’impressione netta è quindi che si andrà avanti con Draghi, alla fine è l’opzione che tutti vogliono. Anche chi in questi giorni ha deciso di mettersi di traverso per alzare la voce e far credere agli elettori di contare qualcosa, anche l’opposizione che da questo teatrino sconclusionato ne esce con la schiena dittra e soprattutto i partiti della maggioranza che non saprebbero a quale santo votarsi per trovare un altro esecutivo che possa arrivare fino alle elezioni del 2023, mentre di andare a elezioni anticipate non hanno alcuna voglia. I vari veti incrociati di partiti, leader e premier sono prossimi a cadere: Mario Draghi rimarrà a palazzo Chigi.

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