Caso Orlandi, scrive Alì Ağca: “Fu presa in consegna dalle suore”

Secondo l’attentatore del Papa, che scrive una lettera al fratello di Emanuela Orlandi, la pista bulgara era una farsa e la ragazza era a conoscenza del suo destino, per questo fu presa in consegna da alcune suore all’interno del Vaticano. 

Tornato prepotentemente attuale, fa ancora discutere il caso di Emanuela Orlandi, la ragazza 15 anni scomparsa a Roma il 22 giugno 1983. Arriva anche una dichiarazione di Alì Ağca, l’uomo che attentò alla vita di papa Wojtyla, contenuta all’interno di una lettera scritta al fratello secondo cui la giovane fu presa in consegna dalle suore.

Scrive Ağca (che oggi è un uomo libero e vive a Istanbul) nella sua lettera a Pietro Orlandi visionata dai giornalisti del Corriere della Sera, che l’attentato da lui effettuato “non aveva alcun mandante, nessuno mi ha chiesto di uccidere il Papa e nessuno mi ha pagato per farlo. In Piazza San Pietro ero solo e ho sparato due colpi. Quelle che erano le mie motivazioni di allora, sono indicate chiaramente nella lettera che scrissi nel 1979 in occasione della visita di papa Wojtyla in Turchia”. E poila ‘pista bulgara’ é una completa invenzione, (…) interamente costruita a tavolino dai servizi segreti vaticani e dal Sisde, il servizio segreto civile italiano, con la benedizione della Cia di Ronald Reagan, il maggiore alleato di papa Wojtyla“.

Dopo avere chiarito, secondo lui, la questione dell’attentato a Papa Giovanni II, arriva al caso Orlandi: “Papa Wojtyla credeva profondamente nel Terzo Segreto di Fatima e credeva anche nella missione che Dio gli assegnava, ovvero la conversione della Russia. (Dopo l’attentato) Wojtyla in persona voleva che io accusassi i Servizi segreti bulgari e quindi il Kgb sovietico. Il premio per la mia collaborazione, che loro mi offrirono e che io pretendevo, era la liberazione in due anni. Io potevo essere liberato tuttavia solo a condizione che il presidente Sandro Pertini mi concedesse la grazia ed esattamente per questa ragione Emanuela e Mirella vennero rapite”. Ma l’allora presidente della Repubblica italiana “non era manovrabile. Per cui i rapimenti di Emanuela e di Gregori furono decisi dal Governo vaticano ed eseguiti da uomini del Servizio segreto vaticano vicinissimi al Papa. La trattativa pubblica era ovviamente una sceneggiata ben orchestrata da pochi alti prelati operanti all’interno dei servizi vaticani“.

Quindi “il caso Emanuela Orlandi era un fatto tutto vaticano — conclude Ağca — ed é stata presa in consegna da alcune suore fin dall’inizio, ha compreso l’importanza del suo ruolo e lo ha accettato serenamente. So di lei soprattutto grazie a un Padre spagnolo che mi ha visitato in Italia e anche qui a Istanbul. Un uomo, un religioso, animato da una fede autentica, che conosce i misteri del mondo e che non mente” conclude.

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