Suicidio Cloe Bianco: per il giudice non fu istigazione

Nessuna istigazione al suicidio per la morte della insegnante transgender che aveva scioccato il mondo della scuola quando decise di presentarsi in classe vestita da donna. Poi la crisi e la morte per la quale non sono stati trovati responsabili. 

La morte di Cloe fu una sua libera scelta, non ci fu istigazione al suicidio e quindi alcuna responsabilità. E’ quanto stabilito dalle indagini sul caso di Cloe Bianco, al secolo Luca, insegnante 57enne trans che il 27 novembre del 2015 si presentò in abiti femminili ai suoi alunni per dichiarare pubblicamente la sua identità sessuale.

Da allora fu un susseguirsi di articoli giornalistici, scandali e procedimenti disciplinari tanto che per alcuni anni dovette rinunciare a insegnare. Poi la morte, avvenuta questo giugno con tanto di biglietto di addio: Oggi la mia libera morte, così tutto termina di ciò che mi riguarda – aveva scritto Cloe -. Subito dopo la pubblicazione di questo comunicato porrò in essere la mia autochiria, ancor più definibile come la mia libera morte. In quest’ultimo giorno ho festeggiato con un pasto sfizioso e ottimi nettari di Bacco, gustando per l’ultima volta vini e cibi che mi piacciono. Questa semplice festa della fine della mia vita è stata accompagnata dall’ascolto di buona musica nella mia piccola casa con le ruote, dove ora rimarrò. Ciò è il modo più aulico per vivere al meglio la mia vita e concluderla con lo stesso stile. Qui finisce tutto. Addio. Se mai qualcuna o qualcuno leggerà questo scritto”. 

Per mesi si è sospettato che gli attacchi subiti potessero avere minato la serenità della docente tanto da portarla all’estremo gesto, avvenuto per avere incendiato una roulette nella quale alloggiava, una fine orrenda e teatrale tra le fiamme. Poi le indagini e un fascicolo contro ignoti e senza ipotesi di reato fino alla conclusione che ha escluso ogni possibilità di omicidio ma anche di istigazione al suicidio.

È impossibile per me ipotizzare un collegamento tra ciò che accadde all’epoca e il suo suicidio di sette anni dopo — commenta il suo avvocato Marco Vorano —. Di certo la sospensione che le fu erogata dalla scuola la affliggeva sul piano personale, si sentiva oggetto di una profonda ingiustizia etica: non riusciva a spiegarsi il perché di quella punizione. Sperava di ottenere giustizia andando in tribunale ma, dopo la bocciatura del ricorso da parte del magistrato, Cloe sparì senza impugnare la sentenza“.

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