Pubblica Amministrazione verso lo smart working: come farlo funzionare?

Il governo sta lavorando a una misura per aumentare la percentuale di attività lavorativa degli uffici pubblici da svolgere da casa, così da implementare adeguatamente lo smart working anche nella Pubblica Amministrazione. 

smart working nella pubblica amministrazione
foto di repertorio

La pandemia ha causato un cambio di rotta improvviso anche negli uffici pubblici, che si sono dirottati verso il lavoro agile “d’emergenza” sia come gestione unica del personale, che come ausilio alla presenza in ufficio (oltre che allo smaltimento di ferie e riposi arretrati). Il Sole 24 Ore ha provato quindi ad analizzare la situazione attuale, e ha elencato cinque sfide sullo smart working che, se superate, potranno permettere un sensibile miglioramento della qualità lavorativa (sia per i dipendenti che per i cittadini) della Pubblica Amministrazione italiana.

Formazione alla digitalizzazione

Come facilmente intuibile, una delle sfide maggiori che vede l’introduzione dello smart working nella Pubblica Amministrazione italiana, riguarda l’età dei dipendenti e il loro grado di “digitalizzazione”. Sebbene infatti aumenti il numero dei laureati (nel 2018 +42% rispetto a 15 anni prima), l’età media continua a salire (50,7 anni, 51,3 per le donne e 49,9 per gli uomini). E al contempo, arretrano però gli investimenti per la formazione nel corso della carriera, che dal 2008 al 2018 hanno perso il 41% e si sono assestati ad appena 48 euro di spesa per ogni dipendente.

Lo smart working, però, non può funzionare senza una formazione adeguata. “È in primo luogo imprescindibile un deciso investimento nel capitale umano della Pa, favorendo il ricambio generazionale e un utilizzo mirato e tempestivo delle risorse umane disponibili e di quelle che saranno reclutate, agendo sulle leve della selezione mirata anche di profili tecnici e della formazione continua nonché sull’innovazione dei modelli di lavoro e sugli strumenti di valorizzazione dei dipendenti”. A spiegarlo ai giornalisti del Sole 24 Ore è stata proprio Monica Parrella, direttrice generale del personale del Ministero dell’economia e delle finanze. Dirigenti, posizioni organizzative e lavoratori hanno tutti “bisogno di formazione per acquisire le competenze necessarie a guidare il cambiamento e l’innovazione“. Per questo diventa fondamentale investire sui aggiornamento sull’utilizzo delle nuove tecnologie, in particolare quelle per il lavoro agile – che soprattutto oggi sono sempre più necessari”.

Misurazione dei risultati: produttività e non presenza

Se si vuole passare al lavoro agile, a un modo moderno di concepire il lavoro e di lavorare, diventa allora necessario “superare la logica del presenzialismo e passare a quella del raggiungimento degli obiettivi“. La Pubblica Amministrazione, in questo senso, si dovrebbe allineare alle tante aziende private che, in questo frangente, riescono a lavorare mantenendo una sinergia efficace di lavoro in presenza e lavoro da casa.

Come spiega ai giornalisti Maurizio Del Conte, docente di diritto del lavoro all’università Bocconi di Milano, infatti, l’emergenza sanitaria ha imposto nel nostro Paese lo smart working “senza distinzione a tutte le Pa”, e ha “prodotto situazioni di grave inefficienza, con dipendenti che hanno lavorato troppo e altri che sono stati lasciati a casa senza indicazioni operative”. “Il paradosso dei ‘furbetti del cartellino’ è il risultato di una cultura gestionale sbagliata che valuta il lavoro sulla presenza fisica e non sulla attività prodotta”, che tuttavia deve essere superato soprattutto quando si parla di lavoro agile. “Lo smart working è uno strumento di flessibilità che va tagliato su misura”, e per sfruttarlo al meglio “si devono riscrivere i piani della performance dei dipendenti premiando i servizi erogati e non l’adempimento di processi burocratici”.

Pubblica Amministrazione digitale e innovazione

pubblica amministrazione e smart working
grafico via Il Sole 24 Ore

Una delle sfide più importanti riguarda, chiaramente, il potenziamento dell’infrastruttura digitale, aspetto per la quale la Pubblica Amministrazione italiana si mostra in evidente ritardo rispetto agli altri Paesi europei. Con il Decreto Rilancio il Governo ha stanziato una dote di 50 milioni di euro, anche se – come spiegano al Sole 24 Ore i ricercatori di Tortuga – questo potrebbe essere sì “un primo passo”, ma è ancora “troppo debole per rendere lo smart working una valida alternativa senza pregiudicare il servizio pubblico”.

In questa prospettiva, allora, andrebbe “promosso, incentivato e accelerato il processo di digitalizzazione dei servizi al cittadini“, rendendo cioè i servizi più a misura di utente, e rimodulando anche gli orari di apertura degli sportelli pubblici. “Questo vorrebbe anche dire implementare il diritto dei cittadini e delle imprese all’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le Pa”, spiegano ancora da Tortuga. Un aspetto che promuoverebbe “nuove forme di relazionarsi con la pubblica amministrazione”, e che “cadono nella categoria dell’e-government, ovvero la fornitura di servizi pubblici attraverso le nuove tecnologie, che, secondo l’Ocse, in Italia è ancora molto poco utilizzato”.

Ripensare e riorganizzare gli spazi

“Passata la fase più critica dell’emergenza pandemica, ora che si sta progettando una nuova normalità, ci troviamo di fronte un’ulteriore sfida e al contempo opportunità di ripensare e riorganizzare gli spazi degli edifici pubblici. Gli uffici dovrebbero essere riprogettati, […] e le organizzazioni pubbliche potrebbero anche cogliere l’opportunità di progettare spazi di coworking, con postazioni condivise disponibili su prenotazione e, ove possibile, utilizzando le proprie sedi anche in condivisione con altre Pa. Potrebbero crearsi veri e propri centri polifunzionali con ulteriori vantaggi per i cittadini che potrebbero godere di diversi servizi pubblici recandosi in una sola sede”.

Questo è quanto spiegato da Monica Parrella, che evidenzia come in queso modo “il lavoro agile da ‘obiettivo’ si trasformerebbe in ‘strumento’ indispensabile per consentire lo sviluppo di nuovi modelli di rapporto tra le istituzioni e i cittadini”.


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Equilibrio dei ritmi vita-lavoro

Ultimo aspetto da considerare, per rendere realmente efficace e produttivo il lavoro agile, è un equilibrio che dovrebbe essere ricercato nel benessere dei lavoratori e il loro dovere d’ufficio. “Finora lo smart working si è spesso risolto in un lavoro da casa, con scarsissimo rilievo della volontà dei lavoratori”, dato che “alternano la presenza in ufficio con il lavoro a distanza  in relazione alle esigenze dell’ufficio piuttosto che di quelle di benessere personale”, ha spiegato infatti Marina Calderone, presidente dei Consulenti del lavoro.


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Perché, come evidenziato da Calderone, senza una vera flessibilità organizzativa che sia incentrata sulle esigenze di vita del lavoratore, lo smart working perde i suoi vantaggi e rischia di diventare, al contrario, “un’occasione di alienazione per i lavoratori”. Per questo, diventa necessario tenere conto “effettivamente della conciliazione tra le esigenze dell’ufficio e quelle del personale, con una reale indifferenza per il luogo dove la prestazione viene resa e una alternanza effettivamente congrua a tali esigenze per garantire il benessere dei lavoratori”, ha spiegato infine Marina Calderone.

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