25 novembre, con la pandemia più vittime di femminicidio. Ma pochissime denunce

Il lockdown ha difeso moltissime donne dal Coronavirus. Ma le ha lasciate in balia dei partner, nelle proprie case diventate prigioni.

Nei primi dieci mesi dell’anno, sono stati commessi 91 femminicidi: una vittima ogni tre giorni. A dirlo non sono ipotesi, ma i dati Eures che evidenziano come al termine della fase pandemica che attraversiamo ormai da mesi – da maggio in poi – siano aumentati atti persecutori, maltrattamenti contro familiari e conviventi, violenze sessuali. Le misure restrittive hanno protetto le donne dal virus, ma le ha gettate nelle gabbie.  Non le hanno protette dai propri partener e le case, luoghi sicuri, sono diventate prigioni da cui era impossibile scappare. Un’altra tragedia, per moltissime vittime, era proprio l’impossibilità di chiedere aiuto: pochissime denunce, pochissime richieste d’aiuto.

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Gli omicidi volontari da gennaio ad agosto sono stati 178, -19% rispetto allo stesso periodo del 2019. Ad aumentare, però, è stata la quota di vittime, salita al 4%. Gli omicidi di donne nel 2020 sono diventati il 44 per cento. Ancora i dati Eures, riportati dal Sole 24 ore, riportano che dei 97 assassinii avvenuti in ambito familiare o affettivo, 68 sono stati femminicidi. Più della metà delle donne sono state uccise dal partner o dall’ex partner. Le chiamate al 1522, nei primi 10 mesi dell’anno, sono aumentate e hanno superato in 10 mesi i livelli degli anni precedenti, con le vittime salite a quota 12.833 al 30 ottobre.

Ma nessuno denuncia

Tra marzo e maggio, le richieste di aiuto sono più che raddoppiate rispetto allo stesso periodo del 2019. Quelle via chat sono triplicate, così come hanno visto un aumento quelle arrivate di notte o di mattina presto. Il dato più rivelante, comunque, è che a chiedere aiuto sono donne senza storia pregresse. Donne cioè, che hanno visto la violenza perpetrarsi su di loro improvvisamente, senza antecedenti. Ciò vuol dire, che proprio la convivenza forzata ha causato l’esplosione della violenza dei partner nelle case, case da cui nessuno poteva scappare. E gli effetti si vedono anche sulle bambine, sui bambini, sui nonni, sul lavoro: sulla società in generale. Tuttavia, la piaga , quella più grave, resta ancora una: solo il 14,2% delle vittime che chiede aiuto al 1522 ha denunciato.

Il Codice rosso, entrato in vigore il 9 agosto 2019, doveva avere proprio come obiettivo spingere moltissime donne a denunciare gli atti di violenza subiti.  Il bilancio del primo anno vede 3.932 indagini aperte per i quattro nuovi reati introdotti. Per quelle già concluse, ci sono state 686 richieste di rinvio a giudizio: 90 i processi finiti, 80 le condanne inflitte, compresi patteggiamenti e decreti penali. Il reato più diffuso è stato la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento. Seguono il revenge porn; la deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; la costrizione o induzione al matrimonio.

 

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