Omicidio Sacchi: un amico di Luca nel mirino del Pm, non ha collaborato

Gli inquirenti continuano a raccogliere testimonianze per avere un quadro completo sull’omicidio di Luca Sacchi. Per il Pm, Munoz non collabora a sufficienza.

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Omicidio di Luca Sacchi, si continua a indagare in cerca della verità. Dopo la tornata di interrogatori, ritenuti poco determinanti, la procura sta rivedendo tutte le carte. Al centro degli accertamenti ci sono i racconti dei testimoni, in particolare quello reso da Domenico Munoz, amico di Luca, ai Carabinieri del nucleo investigativo.

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Il ragazzo si è limitato a ripercorrere gli attimi concitati dell’omicidio: la rapina, la reazione di Sacchi dopo l’aggressione con la mazza, e il colpo di pistola. Ma nulla ha detto sulla compravendita di marijuana. Per questo gli inquirenti stanno valutando se ci sia un suo coinvolgimento o se fosse consapevole di quello che stava accadendo. E in quel caso potrebbero esserci gli estremi per contestargli il favoreggiamento.

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D’altra parte la ricostruzione fatta dal gip Costantino De Robbio nell’ordinanza di custodia cautelare riferisce di tre ragazzi e una ragazza appartenenti al gruppo dell’Appio Tuscolano e pronti ad acquistare stupefacente da quelli di San Basilio. A dirlo, in particolare, sono stati Simone Piromalli e Valerio Rispoli, i due emissari mandati da Valerio Del Grosso per controllare che fosse stata raccolta la cifra necessaria, 70mila euro, per acquistare 15 chilogrammi di marijuana.
“Anche Piromalli confermava quanto riferito da Rispoli, aggiungendo che all’acquisto erano interessati tre ragazzi e una ragazza “, scrive il Gip. Due dei quattro sono stati individuati e sono Giovanni Princi e Anastasiya Kylemnik, entrambi accusati di detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti. All’appello ne mancano altri due. Munoz ha riferito di aver ricevuto, quella sera, un messaggio da parte di Sacchi, con l’invito di andare a ” bere una birra al pub John Cabot”.

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Intanto il pubblico ministero Nadia Plastina aspetta notizie dalla banca sull’attività del bancomat di Luca Sacchi, di cui il padre ha denunciato la scomparsa. Una richiesta finalizzata a verificare che nessuno l’abbia usato dopo la sua morte: cosa che tingerebbe ulteriormente di giallo il delitto, come se ce ne fosse bisogno.

 

 

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