Coronavirus, in Cina l’epidemia rallenta davvero

Mai così pochi morti nelle ultime tre settimane, mai così pochi contagiati, tutti concentrati nell’Hubei: ma l’emergenza secondo la OMS resta alta.

(Photo by JUNG YEON-JE/AFP via Getty Images)

Il bollettino

Gli ultimi dati che il ministero della salute pubblica di Pechino trasmette all’Organizzazione Mondiale della Sanità sono incoraggianti. Non solo per la Cina ma per il mondo intero che sta affrontando ora quello che a Wuhan e nell’Hubei era divampato due mesi fa. Il coronavirus sembra avere esaurito il suo effetto più devastante e dirompente e, apparentemente, rallenta. Ieri si sono registrati 52 morti, tutti nella provincia dell’Hubei, il focolaio della malattia per 2.715 vittime complessive. Si tratta del dato più basso delle ultime tre settimane.

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La Cina sembra essere riuscita nel suo primo intento: quello di contenere nella provincia d’origine il contagio evitando che questo potesse investire con la stessa aggressività anche lo Shandong, il Guandong o peggio ancora Pechino. Anche i contagi rallentano: ieri le nuove infezioni sono state 406, solo cinque fuori dall’Hubei e immediatamente isolate negli ospedali che nel frattempo con una fitta rete di prassi e informazioni, si sono scambiati il know-how su come ridurre i danno. Anche in questo caso il dato è in evidente regresso, il più basso da un mese a questa parte.

80mila malati

Resta comunque altissimo il numero delle persone malate e dunque ancora potenzialmente in pericolo di vita e pericolose anche per gli altri. Si è oltre la soglia degli 80mila contagiati. Pechino, da una parte, chiede a tutte le province meno colpite di trainare di nuovo l’economia del colosso e di evitare che la malattia diventi anche un danno economico di proporzioni incalcolabile.

Il rischio colpo di coda

Tornare alla normalità è la parola d’ordine, per tutti. Dall’altra però i militari rastrellano tutti i villaggi interni dell’Hubei per riscontrare contagi non censiti o situazioni di particolare rischio perché i virus spesso portano ai cosiddetti ‘colpi di coda’, le seconde ondate. E il governo questo lo vuole assolutamente evitare.

Ieri il capo missione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in Cina, il dottor Bruce Aylward, ha tenuto una lunga conferenza nella quale ha parlato di come l’esperienza cinese potrà essere utili a paesi come Corea del Sud e Italia che oggi sono al centro dell’aggressione del virus. “Occorre spegnere i focolai, evitare gli spostamenti, far capire alle persone che l’unico comportamento responsabile è farsi aiutare senza correre a cercare aiuto”.

Il virus si è esteso

Si è parlato molto anche del ruolo che il centro religioso di Qom, una congregazione cristiana molto attiva a Wuhan, avrebbe avuto nella iniziale trasmissione del virus. In Iran i casi sono saliti a 19 mentre i primi contagi vengono segnalati anche in Austria, Svizzera, Croazia e Spagna continentale hanno registrato i primi casi.

Coronavirus (GettyImages)

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“Resistere in attesa della cura”

“Occorre guadagnare tempo – conclude Aylward – perché finché non si trova una cura o un vaccino l’unica soluzione è trattenere il virus nell’area più ristretta e controllabile possibile. Il comportamento responsabile di chiunque viva in una zona dove i focolai sono ancora attivi o mobili è fondamentale. L’azione collettiva cinese è stata ammirevole, hanno evitato il peggio. Ora il mondo deve fare altrettanto”.

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