Seconda ondata Covid mette in crisi l’Europa, anche in Italia serve cautela

La seconda ondata di Covid sta mettendo in crisi l’Europa, mentre l’Italia sembra ancora resistere. Gli esperti: “La situazione nel nostro Paese non sarà come in Spagna e Francia”.

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la seconda ondata Covid sta mettendo in crisi l’Europa – foto via Adnkronos

Finita la tregua per l’Europa. Dopo un lockdown durato mesi, il ritorno alla normalità si sta facendo molto difficile in moltissimi Paesi del vecchio continente. I numeri parlano chiaro, e quello che abbiamo difronte è una seconda ondata di contagi da coronavirus. Spagna e Francia continuano a macinare numeri da record, con l’ultima che ha registrato due giorni fa 13 mila nuovi contagi – il dato più alto da aprile. Ma anche la Germania non è da meno, tanto che ieri sono stati individuatati ben oltre 2mila casi di nuovi contagi: numeri, questi, che la nazione di Angela Merkel aveva registrato a inizio pandemia.

Ma la crisi da pandemia appare evidente e preoccupante anche nel Regno Unito. Emblematiche le parole del premier Boris Johnson, mentre afferma di non poter escludere l’eventualità di un secondo lockdown. Nel frattempo, il governo inglese ha imposto nuove e severe restrizioni su tutto il territorio, atte a contenere quanto possibile nuovi casi di Codi-19. Vietati dunque i contatti al di fuori del proprio nucleo familiare, e previste sanzioni fino a 11mila sterline per coloro che violeranno l’isolamento domiciliare.

La seconda ondata arriva dopo l’estate

Sebbene in Italia l’aumento dei casi sembri al momento piuttosto contenuto, negli altri Paesi europei la situazione sta facendo registrare picchi molto preoccupanti. A facilitare in un certo senso l’arrivo prepotente della seconda ondata di contagi, spiega il dipartimento della salute francese, potrebbe essere stato però il comportamento meno rigido concesso durante i mesi estivi. Il virus, infatti, sarebbe negli ultimi mesi circolato maggiormente tra i cittadini più giovani, in particolare nella fascia tra i 20 e 39 anni – una media, questa, condivisa anche con la Spagna.

L’Oms però sottolinea come sia importante in questo momento non colpevolizzare i giovani. Sebbene infatti la stagione estiva abbia sì facilitato i contatti, gli assembramenti e i viaggi, il messaggio da lanciare ai cittadini più giovani è quello di “divertirsi ma essere saggi: vedere gli amici ma a distanza di sicurezza e non in grandi gruppi in modo da non dare al virus l’opportunità di diffondersi”, spiega infatti il direttore regionale dell’Oms per l’Europa, Hans Kluge.

Perché con l’arrivo dell’autunno e dell’inverno, arrivano anche i malanni stagionali in grado di compromettere ulteriormente le difese immunitarie delle persone più a rischio. “Non vogliamo fare previsioni inutili, ma questo è sicuramente uno degli scenari possibili: a un certo punto ci saranno più ricoveri e vedremo un aumento della mortalità“, spiega ancora l’Oms, mentre invita alla cautela.

La situazione italiana

Mentre nel resto d’Europa i numeri cominciano nuovamente a fare paura, nel nostro Paese la situazione sembra essere al momento piuttosto contenuta. L’Istituto superiore di sanità segnala infatti che “da 7 settimane l’epidemia è in crescita anche in Italia“, sebbene con “un lento e progressivo peggioramento“.

“C’è una ripresa”, spiega su Il Quotidiano il professor Massimo Ciccozzi, del Campus Biomedico di Roma. Una ripresa che, comunemente agli altri Paesi europei, è “figlia della mobilità avvenuta in estate, delle vacanze“. I numeri, però, “restano relativamente contenuti: non siamo la Francia e la Spagna e non lo siamo non solo per la buona risposta in termini di tamponi e di tracciamenti e dell’esteso lockdown, ma anche per il comportamento della gente: ha rispettato correttamente il distanziamento sociale. E questo è stato ed è decisivo”, spiega ancora Ciccozzi.


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“Il rischio di una ripresa è tuttora reale, ma fare previsioni è difficile. Certo, in questi mesi abbiamo fatto molta esperienza, e abbiamo ora molte più possibilità di difesa. Il sistema ha funzionato bene e un lockdown così rigoroso come il nostro è stato decisivo. Adesso le Regioni devono continuare a fare la loro parte, mi auguro che si usino largamente i test rapidi, ma deve essere chiaro che un ruolo chiave lo hanno i cittadini. Se seguiremo l’esempio della Francia dipende anche da noi”, evidenzia invece il professor Roberto Cauda, infettivologo dell’università Cattolica di Roma.

Perché, come poi sottolinea anche il direttore scientifico dell’istituto Spallanzani, Giuseppe Ippolito, il fatto che l’aumento degli ultimi casi sia ancora sotto controllo non deve assolutamente “farci abbassare la guardia. Il nostro sistema sanitario sta rispondendo bene ma il punto chiave sono i comportamenti individuali”. Perché se al momento a risultare positivo è anche il dato relativo alla riduzione della mortalità e del numero dei ricoverati in terapia intensiva, va sempre tenuto in considerazione che si tratta di risultato conseguente al calo dell’età media dei malati – che nella prossima stagione potrebbe, purtroppo, tornare a salire.

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