L’Italia studia il piano per il Recovery Fund, ma l’Europa è a un punto morto

In Italia continua la stesura del piano per il Recovery Fund da presentare entro il 15 ottobre, mentre in Europa i negoziati sono a un punto morto.

L'Italia studia il piano per il Recovery Fund, ma l'Europa è a un punto morto
Parlamento europeo. Credit: Getty Images

Caos sul Piano da presentare per ottenere i fondi europei previsti dal Recovery Fund. Il quadro definitivo delle riforme dovrebbe essere presentato intorno a metà ottobre, visto che l’intenzione del governo era quella di avanzare le sue proposte con la legge di Bilancio, attesa in Consiglio dei ministri per il 15 del prossimo mese. Tuttavia la pianificazione appare ancora confusa e incerta.

Se, da una parte, in Italia il dibattito su come utilizzare i fondi è aperto, in Europa lo scontro tra il blocco di Visegrad (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) e i paesi cosiddetti “frugali” (Olanda, Austria, Danimarca, Svezia, Finlandia e repubbliche baltiche) sul rispetto dello Stato di diritto rischia di allungare i tempi per il via libera definitivo.

Cosa succede in Italia

In Italia la discussione si divide tra chi si impegna a tracciare le linee guida del Piano e chi resta scettico sulla capacità del governo di trovare una quadra. Fa parte del primo gruppo Giuseppe Provenzano, ministro del Sud in quota Pd, che per il meridione intende proporre “una semplificazione secca, per concentrare risorse e evitare la polverizzazione degli interventi. Alle Regioni proporrò un unico programma plurifondo e ai ministeri programmi con un numero di interventi di gran lunga ridotti rispetto al passato”, come ha spiegato in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore, annunciando anche il rifinanziamento del bonus investimenti.

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Giuseppe Provenzano, ministro per il Sud. Credit: Giuseppe Provenzano Facebook

“Il rischio ha spiegato ancora il ministro – che i fondi del Recovery Plan vadano a finanziare progetti per il Sud già pronti, inseriti nell’ordinaria programmazione comunitaria, lo abbiamo evitato perché ho concordato con il ministro degli Affari Europei Amendola che tra i criteri di accesso dei progetti al Recovery Plan ci sia una doppia aggiuntività, sia rispetto alle politiche ordinarie di investimento che deve fare lo Stato sia rispetto ai fondi di coesione”.

Al contrario, resta diffidente Giorgio Mulè, deputato di Forza Italia e portavoce dei gruppi azzurri di Camera e Senato, che in una nota ha scritto: “Una maggioranza spaccata sulla riforma fiscale, priorità da realizzare se si vuole risollevare l’economia reale del Paese, un governo che non sa né programmare, né gestire, né avere visione con il Recovery Fund in alto mare e il peso internazionale dell’Italia pari a zero. Sono gli ingredienti di un fallimento annunciato che vede nei dati divulgati dall’Istat (aumento della disoccupazione giovanile al 32,1%, crollo degli occupati rispetto a febbraio 2020 -350.000 unità, aumento degli inattivi rispetto allo stesso periodo di 250.000 unità) il dramma economico e sociale nel quale sta piombando il Paese. Al governo mancano i tre verbi che dovrebbe sapere coniugare per il bene dell’Italia: programmare, organizzare, decidere. E si continua a perdere il tempo che non c’è”.

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Giorgio Mulè, portavoce di Forza Italia in Camera e Senato. Credit: Giorgio Mulè Facebook

Cosa succede in Europa

Per quanto riguarda l’Europa, invece, il problema che sta emergendo è quello dei veti incrociati prima di ottenere il Recovery Fund: durante conferenza degli ambasciatori Ue (Coreper) era previsto il voto sulla proposta di mediazione sullo stato di diritto legato alle condizionalità del budget presentata dalla Germania. Alla proposta tedesca si sono opposti i “frugali” insieme a Belgio e Lussemburgo, che durante le trattative di luglio avevano fatto muro contro gli aiuti a fondo perduto ai Paesi più colpiti dal Covid. I paesi che hanno votato contro chiedono che lo stato di diritto sia irrinunciabile per accedere ai fondi. Polonia Ungheria, invece, che fanno parte del gruppo di Visegrad, si sono opposti a loro volta, ma per il motivo opposto: non accettano intromissioni da parte dell’Ue.

In questo momento dunque, come conferma il Parlamento europeo, dopo cinque cicli di negoziati interistituzionali con il Consiglio e la Commissione sul quadro finanziario pluriennale (Qfp) ed il Recovery Fund i negoziati sono a un punto morto.

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