Imprenditori in difficoltà dopo la pandemia ricorrono agli strozzini: scattano gli arresti

Usurai in piena attività dopo la crisi pandemia: sei arresti effettuati dalla Squadra Mobile di Roma. Gli imprenditori, in difficoltà, si rivolgevano agli strozzini per portare avanti le proprie attività 

Imprenditori ricorrono agli strozzini: sei arresti. foto di repertorio – meteoweek.com

 

La pandemia aveva fatto aumentare il loro giro d’affari, dal momento che prestavano soldi e minacciavano gli imprenditori in difficoltà che non riuscivano a pagare. La pandemia ha favorito questo processo. Così, la Squadra mobile della Questura di Roma ha arrestato sei persone, accusate di essere degli usurai pronti a prestare soldi ‘a strozzo’ ad imprenditori del Sud della Capitale e a minacciarli, millantando conoscenze con i Casamonica e con la camorra.

Gli arrestati sono quattro uomini e due donne, di età compresa tra i 40 e gli 82 anni, accusati a vario titolo di usura ed estorsione aggravate, lesioni aggravate ed esercizio abusivo di attività finanziaria nella zona Portuense – Marconi. La ‘banda’ aveva infatti come base operativa un Caf in via Ettore Rolli. Ma non solo: era pronta a minacciare chi non riusciva a restituire in tempo il denaro prestato per mandare avanti le attività. Tra di loro, anche un insospettabile ma minaccioso autista di scuolabus. Era incensurato, ed è stato ritenuto il soggetto arrestato più sorprendente della vicenda. A coordinare il blitz il pool antiusura della Procura di Roma.

Come operava la ‘banda’: c’era la sede centrale di ritrovo

Nella sede del Caf, il covo scoperto dalla Mobile, venivano fissati appuntamenti con i clienti, concessi materialmente i prestiti di denaro ed effettuate le riscossioni. Tra gli arrestati un conducente di scuolabus incensurato, un 45enne titolare di uno sportello Caf a Fiumicino. Le indagini sono scaturite da alcune denunce. Le principali vittime sarebbero gestori di ristoranti.

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Per intimorire le vittime e costringerle a pagare le convincevano che soggetti appartenenti ad organizzazioni criminali “napoletane” e riconducibili alla famiglia dei “Casamonica” fossero sulle loro tracce, in quanto in stretti rapporti con loro. Sulla veridicità di queste informazioni trasmesse, gli inquirenti continueranno ad indagare. Il modus operandi, tuttavia, era chiaro: chi non riusciva a pagare, oltre ad essere minacciato, in alcuni casi veniva addirittura sequestrato dalla ‘banda del Caf’, per incutere ancora più terrore. Gli imprenditori venivano intimati a pagare anche con l’esibizione di armi. A tal proposito, era stata aperta una ‘succursale’ anche a Fiumicino, dove erano attivi due degli arrestati.

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