Il lockdown? In un mese farà perdere 10 miliardi. A rischio 400mila posti di lavoro

10 miliardi: tanto costerà alla filiera agroalimentare la chiusura anticipata dei ristoranti fino alle 18. In un solo mese.

Sarà di 10 miliardi la perdita di vendite per l’intera filiera agroalimentare a causa della chiusura anticipata dei ristoranti alle 18 fino al 24 novembre, come prescritto dal nuovo Dpcm. A stimarne l’impatto è Filiera Italia, la Fondazione che raggruppa operatori anche di grandi dimensioni del settore agroalimentare italiano. La misura contenuta nel nuovo Dpcm è stata definita «un colpo di mannaia per uno dei settori trainanti del Paese che si accompagna al crollo verticale di alcuni comparti». Una scelta – quella di anticipare le chiusire – che costerà molto caro: «Dovremo prendere in considerazione un prolungamento della sofferenza per le filiere dei vini, dei formaggi e dei salumi di qualità che già durante il precedente lockdown avevano toccato un terribile calo del 40%», ha spiegato il consigliere delegato Luigi Scordamaglia. Secondo Filiera Italia a pagare queste restrizioni non saranno solo i ristoratori che hanno investito in misure di sicurezza e che oggi si trovano a pagare a caro prezzo il costo della crisi, ma anche 70 mila industrie agroalimentari, a rischio fino a 400 mila posti di lavoro tra filiera produttiva e ristorazione.

«Con gli uffici in smart working – ha spiegato Scordamaglia – non si può credere che consentire l’apertura solo per pranzo rappresenti una misura sufficiente; infatti sono già moltissimi i ristoratori che pensano a una chiusura totale per limitare le perdite. Subito ristoro diretto e adeguato con importi che devono essere riferiti a ogni singolo locale e non a ragione sociale». Chiudere nell’orario della cena significa impedire il momento di maggior guadagno per tanti locali: «Per la ristorazione è impedita l’attività del servizio principale della giornata – si legge in una nota diffusa da Fipe (federazione pubblici esercizi) – mentre per i bar si tratta di un’ulteriore forte contrazione dell’operatività. La contrarietà si aggiunge alla consapevolezza che non esiste connessione tra la frequentazione dei pubblici esercizi e la diffusione dei contagi, come dimostrato da fonti scientifiche, che attribuiscono piuttosto ad altri fattori – mobilità, sistema scolastico e mondo del lavoro – le principali fonti di contagio. La Federazione ha preso atto delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio Conte relativi ad interventi urgenti e specifici a favore del settore. Pur apprezzando l’impegno dal Governo, la Federazione si è immediatamente attivata affinché gli stessi siano economicamente significativi, certi e immediatamente esigibili per tutte le imprese del settore».

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