Google accusata di abuso di posizione dominante: scatta l’ispezione

L’Antitrust indaga sulla posizione assunta da Google nei confronti della concorrenza. In particolare si analizza la disponibilità e l’utilizzo dei dati per l’elaborazione delle campagne pubblicitarie di display advertising.

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Google finisce nel mirino dell’Antitrust – meteoweek.com

Tornano i guai in paradiso per Google. Nei confronti del colosso di Mountain View, infatti, sono partite le ispezioni nelle sue varie sedi nelle scorse ore, da parte della Guardia di Finanza. L’accusa dalla quale sono partite le indagini nei confronti del colosso americano è quella di abuso di posizione dominante. In particolare, nel mirino c’è Sundar Pichai, il dirigente indiano che è anche CEO di Alphabet Inc. Nello specifico si è andati ad analizzare la disponibilità e l’utilizzo dei dati per l’elaborazione delle campagne pubblicitarie di display advertising.

Si tratta dello spazio che viene concesso agli editori e ai proprietari dei siti web. Qui viene consentita la possibilità di esporre i propri contenuti pubblicitari. L’autorità garante della concorrenza e del mercato ha mosso una contestazione in tal senso nei confronti di Google. Proprio la posizione dominante su quasi la totalità della filiera digitale viene utilizzata in maniera scorretta secondo gli inquirenti. Nello specifico si tratta di “utilizzo discriminatorio dell’enorme mole di dati raccolti attraverso le proprie applicazioni”.

Con questo metodo considerato per l’appunto discriminatorio, Google impedisce “agli operatori concorrenti nei mercati della raccolta pubblicitaria online di poter competere in modo efficace”. Andando più nel dettaglio della situazione, l’Antitrust contesta al colosso americano di rifiutare la fornitura delle chiavi di decriptazione dell’ID Google. In questo modo vengono esclusi anche i pixel di tracciamento delle terze parti. Nel frattempo, Google avrebbe anche utilizzato un sistema tecnico che rende la propria potenza ancor più netta rispetto alla concorrenza.

Google potrebbe finire nei guai – meteoweek.com

Nello specifico, Google ha consentito ai propri servizi di intermediazione pubblicitaria di raggiungere capacità di targhettizzazione impossibili da raggiungere per i suoi concorrenti. Per inserirsi ancor meglio in questo contesto, bisogna sottolineare un paio di dati che rendono l’idea del potere del colosso. In Italia, la raccolta pubblicitaria online nel 2019 ha registrato oltre tre miliardi di euro. Fermandoci al solo display advertising, che è il tema della denuncia dell’antitrust, l’anno scorso la raccolta è arrivata a un miliardo e 200 milioni.

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Si tratta di un aspetto molto importante nel campo del guadagno sotto forma pubblicitaria. Con questo metodo, infatti, inserzionisti, agenzie e intermediari pubblicitari acquisire dati rilevanti per la scelta di consumo dell’utente. Il metodo è sempre lo stesso, ovvero il ricorso ai cookies di terze parti, ai banner presenti sulle varie pagine dei siti e ai pop-up che si aprono durante la navigazione. In questo modo è possibile anche orientare le campagne pubblicitarie successive, sulla base della scelta dei contenuti da proporre all’utente durante la navigazione.

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La condotta che è finita sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti sembra avere un valore molto alto. Anche perchè mostra un impatto piuttosto importante ai danni della concorrenza, in tutti i mercati della filiera del digital advertising. Nel caso in cui venga meno la concorrenza in questo ambito, si ridurrebbero drasticamente le risorse destinate ai produttori di siti web e agli editori. Così facendo, risulterebbe decisamente più povera la qualità dei contenuti che vengono destinati ai fruitori finali.

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