Immuni non funziona, a vuoto le segnalazioni: quando la procedura diventa un flop

La app approvata dal governo per cercare di tracciare e contenere i contagi da Covid-19 è risultata inutile: alla luce degli ultimi numeri, Immuni si compone di segnalazioni a vuoto e di procedure lunghe e inefficaci.

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foto di archivio – Immuni

Ne avevamo già parlato in un articolo pubblicato appena qualche giorno fa. Nonostante l’investimento del governo sulla realizzazione di una app che doveva aiutare a controllare e a monitorare la situazione contagi nel nostro Paese, appare evidente che qualcosa non abbia funzionato. E l’errore riscontrato andrebbe ricercato proprio all’interno del funzionamento stesso di Immuni.

Scaricata da circa un italiano su cinque (con le tante lamentele relative alla questione privacy), la falla maggiore del sistema starebbe nell’inserimento dei dati, una doppia procedura che deve essere effettuata da medici e cittadini. Viene da sé, allora, che sulla base di un tempismo che va (molto) a rilento, il contact tracing della app si presenta come un percorso a ostacoli.

Immuni, la storia di una mamma di Milano

Se a parlare dell’inutilità di Immuni era stato anche il creatore stesso della app, ovvero Luca Foresti, questa volta la testimonianza viene da una cittadina di Milano. “Il 16 ottobre mio figlio 15enne ha ricevuto sulla app la notifica su un contatto con un positivo avvenuto otto giorni prima, forse a scuola era un venerdì sera e l’indicazione era di chiamare il medico: nel weekend non risponde nessuno, dall’Ats idem. Parlo con la guardia medica e il responso è questo: il ragazzo non ha sintomi, sono passati 9 giorni, il lunedì può andare a scuola. E nessuno sa come gestire gli alert”. Queste le parole di Monica, mamma di Milano intervistata su quella che è la sua esperienza con Immuni.


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Trattandosi di una app scaricabile su base volontaria, si apprende dunque che chi riceve la notifica dal sistema non ha diritto in automatico alla somministrazione del tampone. Sarà infatti il medico ad inoltrare, a sua discrezione, la richiesta. Viene da sè, però, che in un periodo come questo – per il quale si è arrivati addirittura alla soglia del 22mila contagi giornalieri – il personale medico è sommerso di richieste, e tutta la catena si ingolfa, rallenta.


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“Se vuoi fare il tampone, devi farlo privatamente e pagartelo, e se l’isolamento è volontario non vale come malattia. Io ho tre figli in tre scuole diverse, rischio di ricevere un alert a settimana senza una procedura chiara e connessa“, ha poi sottolineato ancora Monica. Una situazione, questa, che si traduce al momento con una triste procedura: se la app dovesse rilevare un contatto a rischio, è più facile per il cittadino ignorare la segnalazione, o disinstallare direttamente la app.

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