Condannato all’ergastolo da innocente: la storia infinita di Chico Forti

Tornerà in Italia Chico Forti. A dirlo, il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Ma qual è la storia dell’imprenditore trentino condannato in America? 

Sulla storia di Chico Forti si erano riaccesi i riflettori nel 2019, quando si vociferava di trattative in corso per la sua liberazione. Il Governatore della Florida ha accolto l’istanza di Chico di avvalersi dei benefici previsti dalla Convenzione di Strasburgo, permettendogli così di rientrare in Italia. A dirlo, è stato il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Ma andiamo con ordine.

La fortuna di Chico inizia con la vincita di “Telemike”, gioco Tv condotto dal Mike Bongiorno. Quella vittoria è la base del suo successo, ma anche delle sue sventure. Sportivo, ambizioso, con la voglia di fare successo e con un bel gruzzolo da investire, Forti vola in America, negli anni ’90, dove inizia ad investire. Apre una casa di produzione televisiva, ha tre figli, aumenta sempre di più i suoi guadagni. Diventa uno dei tanti italiani che sceglie di fare fortuna lì, a Miami. Ed è così che conosce Tony Pike, il padre di Dale Pike. 

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Il 15 febbraio 1998, Dale Pike, ereditiere australiano, vola a Miami per incontrare Forti, di nome Enrico ma detto Chico. Ventiquattro ore dopo, viene ritrovato morto sulla spiaggia di Sewer Beach, rinvenuto da un surfista. A provocare il decesso, due colpi di pistola esplosi da una calibro 22. Poco più di 72 ore dopo, Enrico Forti, viene interrogato senza il suo avvocato come principale sospettato del caso. Dopo una sequela di imbarazzanti omissioni ed errori della polizia di Miami, Chico Forti viene condannato all’ergastolo.

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Ma perché? L’ultimo a vedere Dale Pike è stato Chico Forti. Sulla scena del ritrovamento del cadavere, sono stati ritrovati una tessera telefonica e un biglietto aereo che portano a Forti. Un delitto troppo scritto, troppo chiaro. Nessuno si sofferma sui moventi, nessuno si sofferma sulle cause, nessuno si sofferma sul legame tra Chico e la vittima. Ciò che è certo, è che alla base dell’incontro tra i due c’era in corso una trattativa per la vendita del Pike Hotel di Ibiza tra Chico e il padre della vittima, Tony.

Quest’ultimo vuole vendere il Pike Hotel di Ibiza a un prezzo stracciato. Chico intercetta l’affare e si accorda con Tony, ma nella transazione interviene il figlio Dale, contrario alla vendita. Dale e Chico decidono d’incontrarsi e Chico prenota per lui un volo per Miami per il 15 febbraio del 1998, lo stesso giorno in cui in città arriva suo suocero. A Dale propone di sistemarsi a casa sua. Alle ore 18 e 30 quando Pike Jr atterra all’aeroporto di Miami e sale in auto con Chico. Da questo punto in poi le versioni sono due.

La versione di Chico Forti

Secondo quanto sostiene da sempre l’ormai ex produttore cinematografico, Dale avrebbe chiesto a Forti di fermarsi a una stazione di servizio per comprare un pacchetto di sigarette. A quel punto, Pike avrebbe fatto una telefonata da una cabina telefonica, anche se in auto c’era uno dei vecchi telefoni cellulari con filo da cui avrebbe potuto fare la chiamata. A chi stava telefonando? I due ripartono, il produttore fa notare all’amico che è in ritardo per andare a prendere il suocero che lo aspetta all’aeroporto di Fort Lauderdale, dall’altra parte della città. Così, Pike gli chiede di lasciarlo al parcheggio del Rusy Pelican, dove lo vede avvicinarsi a una Lexus bianca. Alla guida, secondo la versione di Forti, c’è un uomo dalle fattezze orientali, pelle olivastra un rolex al polso. Forti va a prendere il suocero, torna a casa e non sente più Pike. Quattro giorni dopo viene intercettato mentre torna da New York, dove doveva incontrare Tony Pike, il padre della vittima, morto anche lui. 

La versione della Polizia

Secondo la versione della polizia di Miami, Forti avrebbe prelevato Dale Pike all’aeroporto, poi dopo una discussione l’avrebbe ucciso, denudandone il corpo per inscenare un omicidio a sfondo omosessuale. Poi, avrebbe fatto ritrovare sulla scena del ritrovamento la carta telefonica utilizzata da Dale per chiamarlo e il biglietto aereo che lui stesso aveva acquistato per l’australiano. Il movente della Polizia segue la pista di una trattativa finita male e le bugie dette da Forti in sede di interrogatorio non convincono. Sulla scena del delitto, però, non c’è DNA di Forti e neanche le sue impronte. Alla polizia manca anche lo sub test effettuato dopo l’omicidio sulle mani e i vestiti di Forti per comprovare la presenza di polvere da sparo. Ma la prova è stata omessa.

 

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