Arriva il vaccino, ma non per tutti: il dramma dei paesi poveri

Stati Uniti ed Europa iniziano le campagne vaccinali, ma molte altre nazioni non posso permettersi di comprare dosi di siero sufficienti per l’intera popolazione.

Arriva il vaccino, ma non sarà disponibile per tutti. Miliardi di persone al mondo al momento non sanno se e quando potranno vaccinarsi per salvarsi dal contagio di Covid 19. Bisogna produrre miliardi di dosi di siero se si vuole proteggere l’intera popolazione del Pianeta. Le multinazionali farmaceutiche che hanno messo a punto il siero che ci proteggerà dal Covid sono in grado di produrre quantità così enormi di vaccino, almeno per il ceppo di virus più diffuso, a prescindere varianti che acquisterà nel tempo. Ma non tutti i Paesi sono in grado di acquistarlo. È un problema di prezzi, di disponibilità economiche. Pfizer-BionTech, Moderna, Oxford-Astrazeneca, anche il Gamaleya Reaserch Institute, il laboratorio russo che ha studiato e prodotto il vaccino tusso Sputnik V, non sono enti di beneficenza. Sono soggetti privati, per lo più, il cui obiettivo principale è fare profitto: “è il capitalismo, bellezza!”, direbbe qualcuno. E se Astrazeneca ha già fatto sapere che il suo vaccino sarà venduto a un prezzo definito “popolare” nei Paesi in via di sviluppo (poco più di due dollari),  tutte le altre aziende, dalla statunitense Pfizer alla russa Gamaleya, hanno già dichiarato che di prezzi al ribasso non se ne parla proprio. Così, nella corsa alla vaccinazione di massa, c’è chi punta a dei risultati in tempi brevi e chi invece si trova costretto a rallentare, e a trovare un equilibrio tra costi e necessità.

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Un equilibrio che non per tutti è facilmente raggiungibile: ci sono infatti almeno 189 Paesi che si sono rivolti all’Oms chiedendo aiuto. L’Organizzazione Mondiale della Sanità deve garantire la salute a tutti, per statuto: e lo fa anche attraverso il contributo che tutti gli Stati forniscono, in proporzione ai rispettivi Pil. Il segretario generale Tedros Adhavom Ghebreyesus sin dal marzo scorso aveva assicurato che i vaccini sarebbero stati distribuiti in modo equo. Per raggiungere questo obiettivo l’Oms ha promosso la creazione di un fondo, il Covax, che possa assicurare la vaccinazione anche a chi non li ha.

Ma anche questa strada appare impervia: il Covid ha colpito duramente le economie di quasi tutti i paesi del mondo provocando crisi, cali della produzione, aumento dei debiti. Una situazione che ha obbligato molti governi a prosciugare le riserve per sostenere il reddito di chi ha perso il lavoro, per aiutare le aziende con il fatturato ridotto all’osso. Una situazione di fatto ingestibile dalla maggior parte dei governi mondiali. La situazione è talmente difficile da aver praticamente costretto alla “rinascita” la Gavi Alliance, “l’Alleanza Mondiale per Vaccini e Immunizzazione”.

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Si tratta di una cooperazione di soggetti pubblici e privati con lo scopo di migliorare l’accesso all’immunizzazione per la popolazione umana in particolare nei paesi poveri. E’ sostenuta da alcuni organismi finanziari internazionali, come ad esempio la Banca Mondiale e il Fmi, e da fondazioni private, come quella di Bill e Melinda Gates. Era nata nel 2000, quando i vaccini avevano cominciato a scarseggiare e quasi 30 milioni di bambini non venivano protetti completamente. L’arrivo del Covid, e l’esplosione della crisi mondiale innescata dalla pandemia, ha ridato ragion d’essere a questo modello di cooperazione.

I promotori hanno subito capito che la pandemia del 2020 rischia di creare una nuova forma di apartheid: da un lato i Paesi ricchi, che nonostante la crisi sono ancora in grado di ripartire; dall’altro quelli che già prima della pandemia erano in difficoltà, e che ora stanno affondando. I primi hanno già acquistato milioni di dosi e si preparano a lanciare il Vday; i secondi sono ancora alla ricerca di scorte ma sono già consapevoli che dovranno attendere. Bene che vada inizieranno a vaccinare nei primi mesi del 2021, e non tutta la popolazione: solo una parte, la più ricca, quella che è disposta a pagare. Secondo l’Oms occorrono subito 4,3 miliardi di dollari: serviranno a proteggere gli uomini e le donne in prima fila, gli operatori sanitari impegnati a salvare vite negli ospedali, più esposti ai contagi. Nulla rispetto ai 23,8 miliardi che occorreranno nel 2021. E qui entra in scena il Covax: la domanda di vaccino è infinitamente superiore all’offerta, almeno attualmente. E la maggior parte dei paesi che ne stanno facendo richiesta non è in grado di pagarne le quantità necessarie.  La lista dei paesi in difficoltà è lunga. Ci sono il Pakistan e lo Zimbabwe, ma anche il Messico, l’Honduras, il Salvador. Dei 189 che si sono rivolti al progetto Covax, 92 hanno redditi medi e bassi. Le dosi che riceveranno all’inizio del 2021 saranno fornite grazie all’aiuto di Paesi e fondazioni.

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Covax ha raggiunto un accordo con tre delle cinque multinazionali ma finora sono state coperte le spese solo per il 20 per cento della popolazione di ogni Paese richiedente. E dove c’è la consapevolezza di non riuscire a coprire tutte le richieste, inizia a diffondersi il panico. Che spesso sfocia in razzismo e xenofobia: ad essere tagliati fuori sono spesso gli immigrati. L’ultimo esempio arriva dalla Colombia: il presidente Iván Duque ha escluso dalla vaccinazione i 950mila venezuelani presenti nel Paese. La sua decisione ha sollevato, ovviamente, forti polemiche. Ma il presidente è stato irremovibile: “Abbiamo delle priorità e tra queste vi sono i cittadini colombiani”. Sono state ordinate 40 milioni di dosi per 49,6 milioni di abitanti. I dieci milioni che mancano aspetteranno un pò, gli immigrati venezuelani chissà fino a quando.

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