Recovery Plan, l’ultimatum di Renzi e lo spettro della crisi: cosa accade

Ieri sera si è aggiunto un ulteriore capitolo alla presunta crisi di governo che rischia di aprirsi a gennaio. Il leader di Italia viva Matteo Renzi parlando alla stampa ha definito il Recovery plan proposto da Giuseppe Conte “un collage raffazzonato senz’anima”. Il contro-piano renziano, definito “Ciao”, continua a porre questioni impegnative, su cui viene chiesto un cambio passo al premier e al M5s. Qualora non si dovesse trovare una quadra, Italia viva ribadisce di esser pronta a ritirare le ministre. 

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Pone una serie di questioni radicali il contro-piano firmato Italia viva, presentato dal leader di partito Matteo Renzi nella giornata di ieri, durante un incontro con la stampa. Nel corso dell’intervento, tra stroncature e pioggia di controproposte, l’atteggiamento di Renzi parla chiaro: la crisi di governo non è archiviata, anzi. E’ necessario un serio confronto sui temi presentati – ribadisce l’ex premier – altrimenti la strada è quella annunciata ormai da tempo: il ritiro delle ministre (Bellanova e Bonetti) e del sottosegretario agli Esteri Scalfarotto. A elencare le proposte avanzate da Matteo Renzi, il piano denominato “Ciao”, che dovrebbe intervenire sul Recovery Plan proposto dal premier, definito “un collage raffazzonato senz’anima“. Previsto, ora, un ulteriore giro di incontri tra il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri e il ministro degli Affari europei Enzo Amendola, e le delegazioni di Pd, M5s (nella prima tranche), Leu, Iv e Autonomie (nella seconda tranche). L’idea è quella di predisporre un primo colloquio in attesa di un incontro plenario che coinvolgerà tutti i partiti. Stando a quanto riportato dall’Ansa, la tabella di marcia prevede un probabile incontro a cavallo dell’Epifania in Consiglio dei ministri sul Recovery Plan. Tutto dipenderà a quel punto dal raggiungimento di un accordo: l’incontro potrebbe decretare una rinnovata intesa e un primo segno di stabilità, o potrebbe determinare l’apertura evidente di una crisi di governo.

Lo spettro di una crisi di governo imprevedibile

Non si sa bene cosa potrebbe accadere, nel caso in cui l’accordo dovesse saltare. Renzi parla ancora di un governo “senza Iv”, ribadendo l’intenzione di ritirare le ministre. “Mercoledì mattina – spiega Renzi a proposito del Recovery – il ministro Gualtieri ospiterà la delegazione di Iv: andranno i capigruppo Faraone e Boschi e i ministri Bonetti e Bellanova. Con questa delegazione presenteremo 61 punti su cui al momento non siamo d’accordo delle 103 pagine di Next generation Eu. Dico ‘al momento’ perché chiederò ai parlamentari di Iv di indicare eventuali ulteriori suggerimenti. Andremo combattivi come sempre”. E “se c’è l’accordo si va avanti, se non c’è l’accordo i ministri si dimetteranno e ritireranno il loro incarico. Noi non siamo in cerca di poltrone. Noi pensiamo che le idee valgano di più delle poltrone”. Intanto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella resta silente in osservazione. Nel governo e nel Parlamento c’è chi parla di un rimpasto sostanzioso, sul quale sarà necessario chiedere una nuova fiducia in Parlamento; c’è chi parla dell’ingresso di Renzi o Rosato nel governo; c’è chi parla di elezioni come unica via perseguibile (tra questi, il Pd, che in caso di crisi propone le urne con un’alleanza Pd-M5s e una lista Conte).

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Le richieste di Italia viva 

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Tutto dipenderà, dunque, dalla capacità di trovare un’intesa con le richieste di Italia viva. Ma quali sono, nello specifico? L’acronimo “Ciao” definisce i temi: Cultura, Infrastrutture, Ambiente e Opportunità. Su tutti, un filo rosso, “la parola lavoro, perché crediamo che per ciascuna di esse si possano creare migliaia di posti di lavoro”. Il contro-piano propone 61 punti di dissenso rispetto al piano proposto dal governo. Sarà presentato nel dettaglio mercoledì, durante l’incontro tra i ministri Gualtieri e Amendola da un lato, e i capi delegazione di Italia viva dall’altro. Al centro delle proposte, ovviamente il Recovery Plan, sul quale Renzi commenta: la prominenza data al “giustizialismo” è inaccettabile, soprattutto a fronte di poche risorse stanziate sulla cultura: “Cultura, non giustizialismo”, ripete più volte il leader di Italia viva. L’idea è di stanziare sulla cultura i 9 miliardi di euro, presi dalla spesa sanitaria: questa sparirebbe nel Recovery, se solo si aderisse al Mes sanitario. Ecco un altro punto, dunque, sul quale lo scontro sarà duro, soprattutto con il M5s: “Sul Mes sulla sanità non torniamo indietro”, dichiara l’ex premier. Poi ancora, i giovani: “Su giovani e occupazione sapete quanto è stato stanziato? Due miliardi, più del doppio della parità di genere. Io sono a favore della parità di genere, ma non è pensabile che sull’emergenza giovani e occupazione giovanile ci sia un decimo del super bonus 110 per cento. Non si va da nessuna parte se si mette una cifra dieci volte superiore sul super bonus rispetto a quanto destinato ai giovani. Il nostro progetto è triplicare i soldi destinati all’occupazione giovanile“. Su tutte le proposte aleggia un imperativo: creare un Recovery Plan coraggioso, che non vada semplicemente a finanziare progetti già presenti da tempo. Poi, al di fuori del tema Recovery, le altre rivendicazioni di Renzi e Italia viva. Prima tra tutte, la delega ai Servizi Segreti, altro punto sul quale Italia viva dice di non poter soprassedere: “Noi non vogliamo che si facciano scherzi su intelligence e servizi segreti – sottolinea – e chiediamo al presidente del Consiglio che affidi la delega a una persona terza. Noi non torniamo indietro su questo”.

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Le richieste di LeU e Pd

Insomma, tante le istanze, dure le frecciate, difficile ristabilire la concordia all’interno della maggioranza. Soprattutto perché sono molte, e in buona parte simili, le modifiche al Recovery Plan proposte dalle altre forze di maggioranza. LeU sarebbe stato il primo a presentare le proprie proposte di modifica al presidente del Consiglio: “Nel documento abbiamo ritenuto fondamentale riaffermare che i fondi destinati alla Sanità, pari ad appena 9 mld, sono largamente insufficienti, anche tenendo conto di alcuni programmi trasversali”, hanno ribadito Loderana De Petris e Federico Fornaro. Poi ancora, tra le altre cose: “Il Servizio sanitario nazionale ha per noi un’importanza strategica decisiva. E’ quindi necessario l’investimento di ben più ampie risorse soprattutto sul fronte dell’assistenza di prossimità e della medicina territoriale. Salute, quindi, ma anche ambiente, infrastrutture sociali, istruzione e ricerca, mobilità sostenibile e mezzogiorno gli assi portanti delle nostre priorità”.

Concorda in buona parte anche il Pd, stando alle osservazioni già anticipate durante l’incontro a Palazzo Chigi prima di Natale: per la transizione ecologica il Pd propone investimenti e innovazione, soprattutto rivolti a start up innovative, nelle quali risiedono progetti giovanili e coraggiosi, lontani dai piani proposti dalle grandi imprese che possono già finanziarsi sul mercato. Anche nel caso del Pd, le parole d’ordine sono le stesse: parità di genere, più sanita, infrastrutture sociali, cultura, digitale. Insomma, i toni del Pd sono sicuramente diversi da quelli di Italia viva, ma pare che qualche miglioria da suggerire ce l’abbia anche il Partito Democratico. Il quadro che ne esce fuori è abbastanza chiaro: il premier Conte (e il M5s di riflesso) è accerchiato da una serie di istanze proposte dalla maggioranza stessa, oltre che dall’opposizione, seppur con toni diversi. Tutto dipenderà da come il premier riuscirà a rispondere a queste istanze. E tutto dipenderà anche dai toni che assumerà il dialogo: la possibile escalation resta legata anche al tono di voce, e qualcuno sembra già voler spingere sull’acceleratore.

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