Tanti retroscena di Palazzo, poca politica. Perché non si parla più di Recovery?

L’attuale crisi di governo in Italia scatena sconcerto sia all’interno del Paese che all’estero. Intanto in Italia l’attenzione si sposta sul tentativo di superare questa fase di profonda instabilità, sulla conta dei senatori. Ed è uno degli effetti della crisi che andavano assolutamente evitati: spostare il discorso dal merito ai giochi politici di Palazzo. Tanto più che il Recovery plan italiano non sembra stia riscuotendo tanto successo in Ue. 

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MeteoWeek.com (da Getty Images)

Era questo uno dei rischi di creare una crisi di governo al buio: frenare i lavori politici spostando l’attenzione sul tentativo di creare nuovi assemblaggi di senatori, gruppi parlamentari e partiti per evitare uno scenario di totale instabilità. “Non vogliamo strapuntini. Vogliamo politica”, diceva Matteo Renzi. Obiettivo doppiamente fallito: Italia viva non otterrà al momento né strapuntini né la politica. A noi interessa maggiormente la seconda. Eppure i temi erano stati sollevati – seppur in maniera a volte pretestuosa – dal confronto aperto tra Conte, Pd e Italia viva. Il tavolo si era aperto, in maniera positiva, proprio perché incalzato dal partito di Renzi, che effettivamente nella lettera rivolta al presidente del Consiglio individuava delle criticità evidenti (e tutt’ora presenti) nel Recovery plan. Poi tutto ha franato, lo spettacolo ha preso il posto della politica, e la lotta per il primato dei leader ha soffocato ogni confronto costruttivo. Allora si preferisce tornare a parlare delle presunte strategie di compravendita di Clemente Mastella, piuttosto che dei progetti del Recovery plan italiano, che ha ricevuto l’ok dal Consiglio dei ministri e che passa al vaglio della Commissione europea. Ammesso che questi progetti avranno un futuro.

L’Ue chiede di fare in fretta

Mentre noi disegniamo geometrie parlamentari, infatti, la Commissione intanto fa sapere: è necessario accelerare. La prima tranche di fondi dovrebbe essere erogata entro fine giugno. In Italia dovrebbero arrivare circa 27 miliardi, corrispondenti al cosiddetto “pre finanziamento” che sarà dato una volta ottenuto il via libera al piano nazionale. Per questo, ribadisce l’Ue a tutti i Paesi membri, è necessario accelerare, anche a causa dell’incalzare della crisi economica. E anche per questo si guarda con apprensione all’Italia e al rischio di stagnazione politica. Se l’Italia dovesse perdere questa occasione, l’intera Ue subirebbe un contraccolpo non indifferente. A ribadire questo punto, anche il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni, che durante una diretta con il Festival di Internazionale ribadisce: “Non c’è dubbio che per definizione ci auguriamo sempre di avere degli interlocutori stabili e di avere come interlocutori governi che condividano le sfide comuni europee“. Poi ancora: “Per la Commissione è molto importante in generale la qualità di questi piani e i tempi“.

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Un Recovery ancora discutibile

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A questo si aggiungono apprensioni anche riguardo il contenuto del Recovery. Da prime indiscrezioni, infatti, l’umore in Ue per il Recovery italiano non sarebbe ottimo. E l’umore sarebbe lo stesso che si registra in alcuni analisti italiani: il Recovery presentato non è abbastanza. Lo ribadisce a Linkiesta anche Tommaso Monacelli, ordinario di Economia all’Università Bocconi di Milano. “È come se la maestra avesse detto di fare i compiti di italiano a pagina 115 e noi abbiamo fatto i compiti di inglese a pagina 90. Non abbiamo capito cos’è il Recovery Plan, o facciamo finta di non capire. Questo è un documento di equilibrismo politico fatto per chiudere la crisi, distribuendo i soldi un po’ qui e un po’ lì, tipo Italia anni Ottanta. D’altronde chi è che non è d’accordo a potenziare la green economy, la parità di genere o la digitalizzazione della pubblica amministrazione? Ma non c’è traccia alcuna di competenza economica. Concorda Andrea Garnero, economista Ocse: “Il testo è migliorato rispetto alla prima bozza e soprattutto si è più capito che il punto centrale del Next Generation Eu non sono i soldi, ma le riforme con i soldi”. Eppure, ad esempio, “non viene specificata quale sarà la governance del piano. Il governo scrive che presenterà al Parlamento un modello di governance, ma questo è il punto centrale“. Nettissimo il giudizio di Maurizio Del Conte, professore di diritto del Lavoro alla Bocconi ed ex presidente di Anpal, a Linkiesta, a proposito delle politiche attive del lavoro: “Una lista della spesa, una to do list, ma non c’è nulla di operativo. Come saranno fatte queste cose, quando e con quali priorità non lo sappiamo. E questo fa pensare che ci vorranno tempi lunghissimi e che è ancora tutto da costruire”.

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In Germania bocciano il Recovery italiano: “Soldi distribuiti con criteri clientelari”

Il Tempo, invece, riporta il giudizio di una delle più autorevoli testate tedesche, la Frankfurter Allgemeine Zeitung (Faz), che dedica al Recovery italiano le seguenti parole in un commento del 13 gennaio: “Purtroppo questo Governo, oltre alla gestione di crisi intorno alla pandemia del Coronavirus, non ha prodotto niente che punta verso il futuro”. Durissimo il giudizio della testata tedesca nei confronti del premier, riportato dal Tempo: “Conte voleva distribuire i soldi di Bruxelles secondo criteri politici e clientelari. Ma così, l’Italia mancherebbe l’obiettivo del Fondo Recovery, che dovrebbe spingere verso riforme e crescita addizionale. Ma i politici italiani guardano già verso i prossimi appuntamenti elettorali, probabilmente 2022, al limite nel 2023. Per questi, tanti vorrebbero comprare voti con soldi europei. A questo punto sembra meglio togliersi le tentazioni di questo genere con una elezione veloce – nella speranza, che dopo si arrivi ad un Governo più lungimirante“. Insomma, mentre in Italia ci si accapiglia su Conte premier sì, Conte premier no, mentre si fa la conta dei seggi per tirare a campare, emergono i primi giudizi catastrofici sul piano che dovrebbe gestire 209 miliardi di euro e, di riflesso, la speranza di una ripartenza dell’Italia. Noi ci stiamo chiedendo chi debba aggiustare questa grave mancanza del governo, invece di chiederci come fare.

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