Pd e Realpolitik: “Mai con la destra”, ma è il quinto governo che ci fa insieme

Il Partito Democratico a parole rifiuta compromessi, ma nei fatti è più realista del re: se parte il governo Draghi, sarà il quarto in cui i Dem sono in maggioranza con partiti di destra.

Vogliamo dire che il sistema elettorale non aiuta? Diciamolo. E vogliamo aggiungere che quando la “salvezza nazionale” lo chiede bisogna rispondere “si”? Aggiungiamolo. Resta il fatto che praticamente in tutte le esperienze di governo in cui il Partito Democratico è stato in maggioranza negli ultimi dieci anni – e dunque in tutta la sua storia, eccetto alla fine del governo Prodi II – la presenza di almeno un partito di destra è stato elemento caratteristico e decisivo, per l’esistenza stessa dei governi in questione. Paradossalmente l’unico esecutivo “senza destra” è proprio quello appena dimessosi, il Conte II.

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Se andiamo infatti a ripercorrere la storia della politica italiana dal momento della nascita del Partito Democratico, che nasce – ricordiamo – il 14 ottobre del 2007, quello che merge è un vero e proprio dato politico. Nel 2007 governava Romano Prodi e l’Ulivo: quel governo cadde qualche mese dopo, ed il neonato Partito Democratico si presentò alle elezioni politiche del 2008, guidato da Walter Veltroni. Perse nettamente: quasi dieci punti percentuali meno del Popolo delle Libertà di Silvio Berlusconi. Da quel momento, ogni volta che il Partito Democratico ha governato, o ha sostenuto un governo, è stato insieme al centrodestra.

E’ successo con il governo tecnico di Monti (in maggioranza c’erano il PDL e Futuro e Liberà, il partito di Fini); è successo con Letta (Pdl/Forza Italia), Renzi (Nuovo Centro Destra) e Gentiloni (Alternativa Popolare). Si arriva quindi all’ipotesi del governo Draghi, che potrebbe addirittura comprendere anche la Lega: a quel punto, a parte Fratelli d’Italia, si potrebbe dire che il Partito Democratico avrà partecipato a maggioranze insieme a tutte le espressioni del centro-destra italiano dell’ultimo decennio. E’ un dato, non una opinione, ed è necessario inserirlo in una analisi ampia della politica del nostro paese.

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Una prima riflessione va fatta sul sistema elettorale, che non garantisce governabilità: tanto più in relazione alla anomalia di un panorama politico “a tre gambe”: centrodestra, centrosinistra e Movimento 5 Stelle. Tre visioni politiche diverse ed in concorrenza tra loro, che però sono costrette ad allearsi per governare. Ma il compromesso è troppo fragile: lo abbiamo visto con il cosiddetto governo “gialloverde” ed ora con quello “giallorosso”. C’è poi la sinistra in Italia, che di fatto non esiste. Più in la del Pd, a parte Leu che nelle ultime elezioni ha preso poco più del 2%, c’è una nebulosa pulviscolare di mini sigle totalmente irrilevanti dal punto di vista elettorale. Chissà cosa avverrà alle prossime elezioni, che eleggeranno un Parlamento dimezzato dal frettoloso taglio voluto dal Movimento 5 Stelle ed avallato dal Partito Democratico. Ingovernabilità porta – sopratutto di questi tempi – a governi tecnici e ad “ammucchiamenti” in maggioranza. Che però non pagano: quanti sono gli elettori del Pd, ad esempio, che iniziano ad essere stanchi di sostenere governi insieme alla destra?

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