Coronavirus, nel mondo 2,7 milioni di morti. Un milione solo in Europa

Il Coronavirus continua a fare strage. I morti nel mondo hanno raggiunto quota 2,7 milioni, un milione solo in Europa. In Italia, oltre 100.000 decessi. Numeri tragici che quantificano un disastro, causato anche da politiche di austerity, tagli e privatizzazioni. 

La fine dell’incubo è vicina. A dirlo, il Ministro della Salute Roberto Speranza che guarda di buon occhio alla ripresa delle vaccinazioni dopo il blocco di AstraZeneca. “Il vaccino anti-Covid è la vera soluzione, ci fidiamo delle autorità regolatorie e la sospensione di AstraZeneca è un segno di attenzione che dovrebbe aumentare il livello di fiducia”, ha detto Speranza, ribadendo senza mezzi termini “che il vaccino è la vera arma”. Intanto, da domani cambiano di nuovo i colori delle regioni: il Molise diventa zona arancione, così come la Sardegna che, dopo un passaggio in zona bianca, torna a scurirsi.

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Ma la strage del Coronavirus continua. I decessi, nel mondo, hanno ormai superato quota 2,7 milioni. Nello specifico, secondo i dati raccolti dalla Johns Hopkins University sulla base delle dichiarazioni ufficiali dei governi, il numero di decessi per le conseguenze del Covid-19 nel mondo sono 2.709.821. Altissimo il numero dei contagi: 122.825.490 i casi registrati. I Paesi più colpiti per numero di decessi sono Stati Uniti, Brasile, Messico e India. Quanto ai contagi, l’India è al terzo posto.

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La situazione in Europa

In Europa, i decessi hanno superato il milione, secondo un conteggio della Reuters. 51 Paesi tra cui l’Ue, il Regno Unito, la Russia hanno circa il 35,5% dei decessi nel mondo e il 30,5% del totale dei contagi. Dall’inizio della pandemia i morti sono stati 1.000.062 e le infezioni 37.221.978. Superata, in Italia, la soglia dei 100mila morti. Il nostro Paese è stato il primo in Europa a raggiungere il “record“. Perché?

La debolezza del nostro welfare

Gli ospedali al collasso sono stati il simbolo della pandemia. Quando un anno fa si registrò il primo caso di Covid19 a Codogno e la prima vittima a Vò euganeo, i contagi iniziarono rapidamente a diffondersi e il nostro sistema sanitario si mostrò da subito impreparato a reggere la pandemia che, dopo qualche settimana, aveva iniziato a mostrare tutta la sua aggressività. Sono passati 12 mesi , mesi che hanno mostrato l’insufficienza del Sistema Sanitario Nazionale, vittima dei tagli alla sanità che vanno avanti da anni. La debolezza del welfare italiano è causato da anni di sottofinanziamento del Sistema sanitario nazionale e la pandemia ci ha mostrato la necessità di intervenire sulle strutture socio-sanitarie pubbliche. Alla mancanza di posti letto, anche nelle terapie intensive, si è fatto seguito con l’aumento degli stessi. Ma è davvero bastato?

La riforma e la riorganizzazione del welfare italiano è fondamentale per tenersi pronti a qualsiasi emergenza di tipo sanitario, così come un piano pandemico adeguato è fondamentale per gestire una pandemia. Cosa che, nello specifico, non è avvenuta. La debolezza, in sostanza, è strutturale. In Italia si è dovuto far fronte alla carenza di medici e infermieri; pensare a strutture e luoghi per le vaccinazioni; incrementare il personale anche per la somministrazione dei vaccini. Ad oggi si procede ancora tra restrizioni e logica del lockdown, mentre la pandemia ha evidenziato tutte le carenze delle strutture del nostro Paese. I bonus non bastano e la cassa integrazione non arriva, mentre le attività chiudono e la disoccupazione aumenta.

Proprio gli ospedali al collasso sono stati il simbolo di un welfare che fa acqua da ogni parte. Una debolezza, quella del welfare italiano, causata da anni di sotto finanziamento del Sistema sanitario nazionale. Da anni di risparmio, di tagli, di limitazioni. Lo squilibrio tra pubblico e privato che esiste ormai da più di vent’anni ci ha portato al limite. E nessuno sembra essersene assunta la responsabilità.

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