Nuova testimonianza nel caso Regeni, ma ancora non si muove nulla

Sono sempre più chiare le responsabilità dell’Egitto nel caso dell’omicidio del giovane ricercatore italiano Giulio Regeni. 

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Giulio Regeni, ricercatore italiano ucciso in Egitto nel 2016. Credit: Archivio Meteoweek

Ci sono tre nuove testimonianze sul caso dell’omicidio di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano ucciso in Egitto nel 2016. E rendono sempre più evidenti le responsabilità del governo egiziano. Secondo quanto emerge dai nuovi testimoni, i quattro agenti della National Securety del Cairo già imputati nel processo sarebbero stati gli autori del sequestro, delle torture e dell’omicidio di Giulio Regeni.

Si tratta del generale Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. È in particolare una testimonianza, depositata in vista dell’udienza gup di Roma del 29 aprile prossimo, che fa capire che gli 007 egiziani sapevano della morte di Regeni già il 2 febbraio del 2016, il giorno prima del ritrovamento “ufficiale” del corpo. E per deviare l’attenzione da loro, “inscenarono una rapina finita male”.

La nuova testimonianza

La testimonianza è ritenuta attendibile dai magistrati italiani e mette sotto accusa in primi il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, colui che avrebbe la responsabilità di essere il torturatore di Giulio. Le sevizie nei confronti del giovane ricercatore italiano sarebbero andate avanti per almeno nove giorni in una villetta in uso ai servizi segreti nella periferia della capitale egiziana. Insieme a Sharif, ci sarebbero stati altri soggetti ancora ignoti. È questa una delle diverse testimonianze arrivate dall’Egitto nelle ultime settimane: dieci persone si sono fatte avanti, ma solo tre sono state considerate credibili dal procuratore Michele Prestipino e dal sostituto Sergio Colaiocco.

Non si muove ancora nulla

Nonostante le ultime testimonianze emerse, e nonostante le responsabilità del governo egiziano siano sempre più evidenti, in Italia come in Egitto non si muove nulla per fare giustizia sul caso. Sembra che la morte di un giovane ricercatore italiano, sequestrato e torturato prima di essere ucciso brutalmente, non basti al nostro governo per decidere di interrompere tutti i rapporti diplomatici con il Cairo. Si sprecano le dichiarazioni in merito, ma a queste non hanno mai seguito degli atti concreti.

L’ultimo a essersi espresso sul processo di Regeni è Roberto Fico, presidente della Camera, che sulla sua pagina Facebook ha scritto: “Le nuove testimonianze raccolte dalla Procura di Roma sul caso di Giulio Regeni rappresentano un segnale importantissimo. Sono un contributo essenziale per rimuovere la cappa di ombre, depistaggi e falsità che impedisce di fare piena luce su quanto accaduto al nostro ricercatore. Il trascorrere del tempo, anziché portare all’oblio, restituisce pezzi di verità e testimonianze di chi ha visto o sentito qualcosa”. 

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E ha continuato: “Gli ulteriori elementi probatori acquisiti nei confronti dei quattro appartenenti agli apparati di sicurezza egiziani infondono fiducia sul fatto che si possa andare fino in fondo permettendo di chiarire non solo la dinamica del sequestro ma anche di individuare le responsabilità dirette o indirette per le torture inflitte a Giulio, per la decisione di ucciderlo e per il trasporto del suo corpo ai bordi dell’autostrada fra Il Cairo e Alessandria”.

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“La morsa dunque si stringe – ha concluso il presidente della Camera – i depistaggi emergono ogni giorno di più per ciò che sono stati, e le bugie dello Stato egiziano suonano sempre più offensive, inaccettabili e imbarazzanti. Ancora grazie ai magistrati romani per il lavoro costante e meticoloso portato avanti. L’Egitto sappia che lo Stato italiano farà luce fino in fondo“. I genitori di Giulio, ma anche tutti i cittadini italiani che credono profondamente nel rispetto e nella tutela dei diritti umani, non aspettano altro.

Il post di Roberto Fico

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