Che fine ha fatto il Recovery?

Tempo quasi scaduto per il Recovery Fund, da presentare all’Ue entro il 30 aprile. Draghi dice che il piano c’è, ma non si sa come sia fatto. 

Il Recovery Fund (dicono) è pronto ma non se ne conosce il contenuto. Il paradosso creato dal Governo Draghi diventa un caso anche in Parlamento, con diversi deputati e senatori sul piano di guerra. L’Unione Europea aveva richiamato il Governo Conte II sull’inadeguatezza del testo presentato dall’Italia ritenuto estremamente vago, un problema che aveva creato una crisi politica, tanto che l’arrivo di Mario Draghi era stato accolto con entusiasmo proprio perché si sperava in una maggiore accuratezza nella compilazione del documento che definirà il futuro del nostro Paese e gli investimenti che ne deriveranno.

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La scadenza è per il 30 aprile, la Commissione europea che ha preso visione della bozza presentata da Draghi, ha fatto sapere di non essere sodisfatta e la consegna definitiva potrebbe slittare ancora. Secondo la Reuters tra le principali preoccupazioni di Bruxelles vi sono la mancanza di dettagli su come verrà gestito il piano una volta ottenuto l’approvazione dell’Ue e la sostanza di alcune delle riforme delineate, incluso quella del sistema giudiziario. Un’altra fonte ha anche detto all’agenzia che Bruxelles vorrebbe modifiche che richiederebbero molto tempo per essere portate a termine, e che quindi metà maggio sembra un periodo più realistico per la presentazione del piano.

Rimanendo nei tempi però, il Recovery dovrebbe essere presentato alle Camere tra il 26 e il 27 aprile, quando si svolgeranno le comunicazioni del presidente del Consiglio alle Camere. “Siamo ancora in attesa di essere convocati da Draghi – sottolinea Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana e vicepresidente della commissione Cultura di Montecitorio -. E’ un paradosso senza limiti. Abbiamo assistito a una crisi di governo in nome della poca trasparenza e oggi a pochi giorni dalla presentazione del documento il Parlamento non sa niente del Recovery. Non c’è un testo, per due mesi in Parlamento le commissioni hanno discusso, fatto osservazioni e approvato risoluzioni sul testo preparato dal governo precedente. Trovo che sia una vergogna a prescindere dalle qualità di chi è impegnato nella riscrittura. Si toglie legittimità al Parlamento stesso“.

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E sull’incertezza della destinazione delle risorse è in corso una vera e propria battaglia. L’ufficio stampa del Presidente del Consiglio fa sapere che oggi il premier ha incontrato i rappresentanti delle imprese, segno che ci sono ancora molti punti da definire. Molti esponenti come Teresa Bellanova, Matteo Richetti e la ministra Mara Carfagna chiedono di aumentare i fondi da destinare al Mezzogiorno soprattutto per l’adeguamento strutturale delle rete di trasporti; Giusy Versace, deputata e responsabile del dipartimento pari opportuntità e disabilità di Forza Italia, chiede più fondi all’accessibilità per le persone disabili; il leader della Cisl, Luigi Sbarra, chiede maggiore coinvolgimento dei sindacati per le misure occupazionali. Insomma è tutto ancora da decidere con molte parti sociali da coinvolgere.

Il tempo stringe, con un eventuale ritardo le risorse europee sarebbero disponibili solo alla fine dell’estate e l’Italia perderebbe il prefinanziamento del 13% per un valore di circa 20 miliardi.

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