Martina Rossi, nuovo verdetto: condannati a 3 anni gli imputati. Fu tentata violenza sessuale di gruppo

La sentenza di secondo grado, presso il palazzo di giustizia di Firenze,  per il processo di appello bis per la morte della giovane: gli imputati condannati a 3 anni.

Martina Rossi, morta a Maiorca – Meteoweek

La corte di appello di Firenze ha condannato a 3 anni ciascuno Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi, imputati nel processo bis di secondo grado sul caso della morte di Martina Rossi, la studentessa 23enne deceduta il 3 agosto 2011 precipitando da un balcone dove era in vacanza a Palma di Maiorca (Spagna). Secondo l’accusa la ragazza stava sfuggendo a un tentativo di stupro. I due imputati sono stati condannati per tentata violenza sessuale di gruppo.

“Quando si arriva a giornate come questa la speranza è tanta, ma l’agitazione non è inferiore perché ormai ne abbiamo viste di cotte e di crude, sebbene in tutti questi anni solo un giudice non abbia riconosciuto le responsabilità degli imputati”. Le parole di Bruno Rossi, il padre di Martina, mentre entrava questa mattina, al palazzo di giustizia di Firenze. “È pazzesco – ha aggiunto il papà – dire come è stato detto che Martina possa aver avuto volontà autolesioniste o che sia caduta perché si sentiva male, ma ormai la tristezza è superiore alla rabbia che provo”.

Attesa per la sentenza – Meteoweek

Oggi, dopo eventuali repliche da parte dell’accusa e delle difese, i giudici si ritireranno in camera di consiglio per la sentenza. Per la morte della giovane sono a processo Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, oggi trentenni, accusati di tentata violenza sessuale di gruppo. Il pg per loro ha chiesto una pena a 3 anni di reclusione. In aula sono presenti, come sempre, anche i genitori di Martina, Bruno Rossi e Franca Murialdo. In primo grado il tribunale di Arezzo aveva condannato Albertoni Vanneschi a sei anni di reclusione ritenendo che Martina fosse precipitata dal balcone della camera dove alloggiavano i due ragazzi – nello stesso hotel della studentessa genovese – per fuggire a un tentativo di stupro. In appello invece, lo scorso 9 giugno, Albertoni e Vanneschi sono stati assolti dall’accusa di tentata violenza sessuale con la formula “perché il fatto non sussiste” mentre è stato dichiarato prescritto il capo di imputazione di morte come conseguenza di altro reato. Lo scorso gennaio la Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dalla procura generale di Firenze, ha annullato la sentenza disponendo un nuovo appello. I giudici della corte di appello di Firenze sono entrati in camera di consiglio per emettere la sentenza per il processo per la morte di Martina Rossi, la ventenne studentessa genovese deceduta il 3 agosto 2011 dopo essere precipitata da un balcone a Palma di Maiorca (Spagna). La sentenza è attesa nel pomeriggio.

Presidio ‘Non una di meno’ fuori dal tribunale

‘Non una di meno’ – Meteoweek

Presidio del movimento femminista ‘Non una di meno’ oggi fuori dal palazzo di giustizia a Firenze. Le manifestanti hanno esposto uno striscione con la scritta “Sorella noi ti crediamo, la prescrizione non la accettiamo”. Il padre di Martina Bruno Rossi, in tribunale con la moglie per attendere la sentenza, si è avvicinato alla manifestanti per ringraziarle del loro impegno.

Il papà di Martina: oggi ha vinto la giustizia

“Dicono che il sole vada ai belli ma oggi è andato anche ai giusti. Questa è la fine di un tentativo di fare del nuovo male a Martina. Ci hanno provato ma non ci sono riusciti. Il mio primo pensiero è andato a lei, ai suoi valori, a lei che non ha fatto niente e ha perso la vita”. Così Bruno Rossi, padre di Martina Rossi ha commentato la sentenza bis della corte di appello di Firenze.

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Bruno Rossi lo ha detto proprio mentre dopo la lettura della sentenza è tornato il sole su Firenze dopo una mattinata di pioggia e cielo plumbeo. I due imputati “hanno avuto tre anni di prigione per aver fatto male a Martina. Occorre rivedere il rapporto fra giustizia e pena”, ha anche detto Bruno Rossi, inoltre “le donne devono essere più tutelate”. Per il padre di Martina “in questi processi chi ci rimette sono sempre i poveri. Se non fossimo stati economicamente all’altezza, non avremmo potuto fare un processo lungo 10 anni”.

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