Csm, senatore Morra:«Davigo mi mostrò verbali Amara, mi disse di Ardita e loggia e trasecolai»

Il presidente della Commissione Antimafia dice la sua sul caso della “Loggia Ungheria”, su cui c’è un’inchiesta in corso della procura di Perugia. 

Nicola Morra-Meteoweek.com

Ultimamente si è molto parlato sulla stampa nazionale di un caso di fughe di notizie all’interno del Csm (Consiglio Superiore Magistratura) e di procure importanti del nostro Paese. Si tratta di un caso inerente alcuni verbali segreti che conterrebbero gravi accuse attualmente non confermate contro alti esponenti politici e giudiziari che sarebbero stati fatti circolare tra giudici e poi dati ad alcuni giornalisti.

I verbali oggetto del dibattito degli ultimi giorni, sarebbero stati redatti tra dicembre 2019 e gennaio 2020 nella procura di Milano e, secondo quanto riportano i giornali, conterrebbero le dichiarazioni di Piero Amara, legale siciliano condannato e indagato per depistaggi contro l’Eni e corruzione in atti giudiziari. Secondo quanto riporta Il Fatto Quotidiano, tali verbali circolerebbero «nelle redazioni dei giornali, nel Csm, nei palazzi del potere… ormai da mesi».

Di questa storia si è iniziato a parlare perché la Procura di Perugia ha aperto un’inchiesta contro una funzionaria Csm indagata di averli diffusi in modo illegale. Le accuse di Amara sono ampie e non semplici da provare. Tra queste, quella che alti vertici di magistratura, politiche ecc. avrebbero formato un’associazione segreta nominata “Ungheria” per condizionare scelte politiche e giudiziarie del Paese. Tale presunta organizzazione sarebbe una sorta di loggia, e il caso già ribattezzato «loggia Ungheria», che qualcuno avrebbe già paragonato a una sorta di P2.

Il caso è divenuto di dominio pubblico quando si è scoperto che la procura di Roma, portando avanti un’inchiesta iniziata dalle procure di Milano e Perugia, avrebbe avviato un procedimento per calunnia contro Marcella Contrafatto, funzionaria Csm da tempo segretaria del giudice Piercamillo Davigo, accusata di aver diffuso a giornalisti e magistrati i verbali di Amara.

Secondo quanto riporta Repubblica, i verbali sarebbero stati dati nella primavera 2020 dal procuratore Storari a Davigo, membro Csm fino a ottobre 2020, quando è andato in pensione. Più in là tali documenti avrebbero cominciato a circolare, come sospetta la procura di Roma, per via di Contrafatto. Ora non sarebbero chiare le motivazioni per cui la sua ex segretaria avrebbe iniziato a farli circolare. Attualmente,  «le indagini non hanno accertato come la Contrafatto sia venuta in possesso del plico consegnato da Storari a Davigo». Nei prossimi giorni, l’ex segretaria avrà un confronto con i pm per capire cosa è successo veramente.

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A parlare di questo caso con l’ Adnkronos è il senatore Nicola Morra, presidente Commissione Antimafia, ieri già ascoltato dalla Procura di Roma sui fatti inerenti alla questione Amara-Davigo. «Ricordo semplicemente che era molto caldo quando incontrai il dottor Davigo, può essere certamente giugno dell’anno scorso, ma non ricordo esattamente il giorno. Ci incontrammo nello studio di Davigo al Csm. Davigo mi disse semplicemente che sul dottor Ardita si stava adombrando un sospetto assai grave, e cioè che fosse in qualche modo organico a una loggia massonica segreta, occulta, in base alle dichiarazioni, io ricordo questo poi magari ricordo male, di un collaboratore di giustizia».

«Anche perché», prosegue Morra, «avessi memorizzato avvocato Amara, per quanto io sia scherzosamente affetto da Alzheimer, potevo immediatamente associarlo alla vicenda Siracusa, Amara-Calafiore e tutto il resto. Ma io non ricordo di aver avuto indicato o pronunciato il nome del dichiarante, non ricordo di aver letto eventualmente questo cognome. Se l’ho fatto non ho afferrato, però mi ricordo che si trattava di una procura del Nord che stava vagliando l’attendibilità delle dichiarazioni di questo collaboratore che mi è stato presentato come un collaboratore di giustizia. Ricordo che rimasi basito, esterrefatto dalle dichiarazioni in questione».

Morra sottolinea:«Non ricordo se ho visto cognomi o meno, perché mi è stata aperta questa cartellina, questo foglio, se non ricordo male un foglio a righe che conteneva questi stampati, e quindi l’attenzione si è soffermata sull’adesione di Sebastiano Ardita alla loggia massonica, cosa che poi puntualmente mi sembra sia stata smentita nei fatti perché le affermazioni di Amara sono state riscontrate in maniera negativa, per cui sono state confutate, e io di questo non posso che essere contento. Anche perché ci tengo a ribadire che io avevo ed ho grande stima nei confronti sia di Davigo che di Ardita, quindi spero che tutto si chiarisca. Poi non so se qualcuno ha operato degli errori, non ho le competenze per poter asserire se è stato alfa o è stata beta, ma io lavoravo affinché il gruppo di Autonomia e Indipendenza recuperasse uno spirito di dialogo interno che li rendesse nuovamente punti di riferimento per quanto riguarda la mia azione in termini di politica giudiziaria».

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«Quando sentii il nome di Ardita associato alla loggia massonica rimasi così, trasecolato, tant’è che poi ho ricordato di essere uscito dallo studio e di aver incrociato lo stesso dottor Ardita che entrava nel suo studio, perché al Csm Ardita e Davigo avevano lo studio uno di fronte all’altro», spiega Morra. «Insomma, ho visto Ardita e credo di averlo salutato non con la solita familiarità, con la solita affabilità con cui lo salutavo, perché a distanza di pochi minuti ero rimasto proprio così. Poi nel tempo, comunque, c’ho pensato, e siccome non arrivavano ulteriori sviluppi né in un senso né nell’altro, ho inteso comunque partecipare ad eventi con il dottor Ardita, eventi pubblici relativi a questioni antimafia, per esempio la presentazione del suo libro insieme al dottor Gratteri e al dottor di Matteo a Catania, forse nel luglio del 2020. Poi ho partecipato con lui a webinar e altri incontri online».

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«Ricordo perfettamente che Davigo mi portò nella tromba delle scale, questo atteggiamento mi insospettì, era quasi a far pensare che non ci si fidasse neanche del luogo in cui ci si trovava perché magari si poteva essere sottoposte a controllo», aggiunge Morra. «Una volta appreso tutto questo, ho riferito al dottor Ardita, perché mi sembrava corretto, e anche al dottor di Matteo che è stato colui che pubblicamente e denunciato il tutto. Già avevo preso la decisione di riferire alla procura di Roma, ma sono stato anche suggerito in tal senso sia dal dottor di Matteo che dal dottor Ardita, perché non c’è cosa più pulita che segnalare a chi di dovere».

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